Il caso delle zone a 30 km orari nelle città sta sollevando un vespaio di polemiche e commenti che spesso si dividono semplicemente in due categorie, anzi in due curve di tifoserie: quelli che vanno in auto e non vorrebbero mai limiti e quelli che vanno a piedi o in bici e hanno un’altra percezione della velocità e dei pericoli. A parte il caso di Bologna, che ha visto intervenire anche il ministro Salvini, pensiamo a Verona dove le zone 30 esistono da tempo, sono più estese di quello che si pensa e soprattutto nessuno le rispetta anche perché non è mai stata avviata una campagna di controlli per i 30 all’ora.
Per esempio, è zona 30 quasi tutta Veronetta, non solo il centro storico. Le zone 30 ci sono già nei quartieri e nelle frazioni, per esempio a San Felice Extra. Lo sapete poi che via Caroto, la cosiddetta circonvallazione delle Torricelle ha il limite dei 30 all’ora? Chi lo rispetta alzi la mano.Insomma, si chiacchiera tanto, ma l’impressione è che ci sia poca conoscenza dei dati concreti. Salvo il fatto che poi quando ci si trasforma in pedoni, magari con un passeggino, ci si lamenta di quanto corrono le auto.Ma passiamo ai dati. Secondo uno studio dalla FIA e WHO (Organizzazione Mondiale della Sanità) le probabilità di sopravvivenza di un pedone in base alla velocità dell’auto sono le seguenti: a 30 km/h, la reazione del conducente avviene dopo 21 metri, distanza di frenata è 9 metri, probabilità di sopravvivenza del pedone 90%. A 40 km/h, la reazione del conducente avviene dopo 28 metri, distanza di frenata è 17 metri, probabilità di sopravvivenza del pedone 70%; a 50 km/h, la reazione del conducente avviene dopo 35 metri, distanza di frenata è 28 metri, probabilità di sopravvivenza del pedone 15%.
Meno vittime e smog più contenuto
Fare un incidente a 50 km/h è come lanciarsi con l’auto dal terzo piano di un palazzo.
Secondo lo studio “Go slow: an umbrella review of the effects of 20 mph zones and limits on health and health inequalities” del 2015 pubblicato sul Journal of Public Health, l’introduzione di zone con un limite di 30 km/h riduce gli incidenti stradali circa del 25%, in particolare quelli che coinvolgono i pedoni (–50%). L’altro grande beneficio è l’incentivo agli spostamenti a piedi e in bici, con la riduzione sia delle emissioni di gas climalteranti, sia dell’inquinamento acustico.In base agli studi condotti in Svizzera alla luce delle statistiche degli incidenti, chi trae maggior beneficio dal limite generalizzato di velocità di 30 km/h sono le persone a piedi, quelle in bici e in moto, le bambine e i bambini che si recano a scuola o nel tempo libero, nonchè le persone anziane.
Svizzera. Secondo l’Ufficio svizzero per la Prevenzione degli Infortuni, il numero di oltre 1900 vittime di incidenti potrebbe essere almeno dimezzato con un’introduzione sistematica del limite di velocità 30 km/h. Rumore: inoltre, una riduzione della velocità delle automobili da 50 a 30 km/h riduce le emissioni sonore di 3 decibel.
Le esperienze di Berna e Madrid. Le autorità di Berna hanno concluso che «Dato che il 30 km/h esercita un effetto moderatore e regolatore sulla circolazione stradale e contribuisce a un abbassamento del consumo di carburante, verrà applicato il più possibile nella rete stradale urbana”. Una strategia che prende ispirazione dalle esperienze svolte nel 2012 a Madrid, dove erano state create, a titolo di test, delle zone distinte a 50 e a 30 km/h. Il test ha dimostrato che nelle zone a 30 km/h, il consumo di carburante era inferiore di circa un terzo rispetto alle zone a 50 km/h. I picchi di consumo si situavano tra gli 1,8 e i 2,2 g al secondo a 50 km/h ed erano di 1g al secondo a 30 km/h. Tuttavia, è l’omogeneità del flusso di traffico che produce l’effetto maggiore di abbassamento di consumo. Meno sono necessari cambiamenti di velocità e accelerazioni, più è basso e costante il regime del motore, più diminuisce il consumo di carburante». Smog. Non a caso in Svizzera quando nel Canton Ticino si verificano emergenze di inquinamento per lo smog, scatta sulle autostrade il limite dei 60 o degli 80 km orari per ridurre le emissioni di auto e camion. Infine, con quartieri dove ci si sposta con maggior sicurezza, il beneficio si estende anche al mondo economico e commerciale.
Galletti: “Ripensare le strade in città”
Tecnica stradale. Ma dal punto di vista stradale, che cosa significa creare le zone 30?
Nelle città estere come Svizzera, Austria, Germania e altre ancora, queste zone 30 vengono create soprattutto nelle zone residenziali ad alta densità abitativa. E per riuscire a far rispettare i 30 all’ora vengono modificate le carreggiate stradali con introduzione di restringimenti artificiali come aiuole o dossi per costringere le auto a rallentare.
Si potrebbe fare anche da noi a Verona?
Va anche detto però che all’estero l’urbanistica cittadina è diversa dalla nostra: è molto più facile che vi siano quartieri esclusivamente residenziali ben distinti dalle aree a destinazione commerciale. In Italia invece esiste da sempre una forte commistione di attività all’interno di un quartiere dove si trovano zone residenziali, zone produttive, aree commerciali e così via, con un mix di funzioni che hanno esigenze diverse.
Di tutto questo abbiamo parlato con un esperto di strade e trasporti, l’architetto urbanista Tullo Galletti.
“La polemica avviata da più parti contro la formazione di Zone 30 nelle città ètotalmente insensata e peraltro relativa a provvedimenti promossi dal MinisteroInfrastrutture e Trasporti, che probabilmente non ne ha informato il Ministro Salvini.Le Zone 30 come largamente intuitivo riducono i rischi di incidenti non solo perché abassa velocità si ha una migliore percezione dei possibili ostacoli imprevisti e con un maggior margine dei tempi di reazione, ma soprattutto si allarga il campo visivo che sirestringe invece all’aumentare della velocità. Tale fattore risulta particolarmenteimportante per consent ire alle auto in città di cogliere sia i movimenti pedonali diquanti si accingono a un attraversamento stradale, sia – in particolare – quelli dei ciclisti, in quanto la bassa velocità rende compatibili tra loro le due modalità ditrasporto senza la necessità di realizzare piste ciclabili separate”.
Qual è il problema allora? Sembra che ci sia una difficoltà a individuare la coerenza tra strada e limite di velocità…”Infatti del documento del MIT non va tanto posta in evidenza la raccomandazione che si debba procedere a “una chiara individuazione della viabilità a 50 km/h e delle zone a 30 km/h”, ciò che sembrerebbe del tutto intuitivo, bensì che sia “essenziale che i limiti di velocità siano regolati da principi di credibilità e coerenza in ambito urbano”. Ciò significa che tali limiti non possano essere imposti genericamente ma “a valle di una revisione della gerarchizzazione delle strade”. La gerarchia delle strade è un concetto che fa fatica ad essere recepito dalle amministrazioni: è ovvio che un asse di penetrazione ha esigenze diverse da una strada di quartiere, tant’è che si mettono i 30 all’ora anche su strade molto importanti…
“La richiesta di una revisione della gerarchizzazione delle strade è una argomentazione che esclude la svelta tesi che si tratti esclusivamente di provvedimenti amministrativi controllabili da rilevatori di velocità (autovelox). La gerarchizzazione delle arterie infatti, dalle “strade residenziali di quartiere” a quelle “di scorrimento” devono essere individuate nei Piani Urbani del Traffico non solo in base alle caratteristiche funzionali ma anche in base alle dimensioni delle strade stesse i cui parametri strutturali vanno infatti rimodulati in relazione agli obiettivi appunto funzionali che il PUT definisce”.
Quindi? “Le strade da mettere in sicurezza con il limite di velocità di 30 km/h vanno pertanto riconfigurate con larghezze non superiori a m.2,70 (per consentire il transito dei mezzi dei pompieri), riducendo le corsie con la formazione di piste ciclabili o allargando i marciapiede, o con idonei dispositivi anche rimovibili (fioriere, “panettoni”, dissuasori).
“30 all’ora? Le vie vanno modificate”
“Occorre cioè creare le condizioni perché l’automobilista – prosegue Galletti – riduca spontaneamente la velocità in relazione a un contesto che non ammette velocità superiori perché sono le
dimensioni delle piattaforme stradali che inducono a una velocità parametrale: affidarsi ai controlli elettronici significa per lo più cercare di far cassa in maniera subdola”.
E prosegue: “Pretendere per esempio che un automobilista rispetti i 30 km/h su una strada a due corsie per senso di marcia è prestarsi a un provvedimento decisamente truffaldino”. Ma questo sembra proprio il caso di corso Milano, strada di grande scorrimento, a due corsie, con rotonde che si restringono a una corsia e nella quale si dovrebbe andare a 30 all’ora. Mah…
Tutto questo dovrebbe essere inserito nel Pums?
“I Piani Urbani del Traffico – PUT che si prevedeva dotati dei Piani Particolareggiati del Traffico Urbano affrontavano organicamente tutte queste problematiche: dalle arterie di grande comunicazione e scorrimento alle piste ciclabili, al trasporto pubblico; ora vengono chiamati PUMS – Piani Urbani per la Mobilità sostenibile, dove la sostenibilità è relegata di fatto alla sola proposizione (ma non progettazione) di piste ciclabili come
panacea di tutti i mali, con il risultato del crescente bilancio di infortuni spesso mortali dei ciclisti’.