“Venti secondi. Il trionfo era lì davanti, a venti secondi di distanza. Bastava allungare una mano e si poteva toccare. Ma in venti secondi il destino può fare qualsiasi cosa, può scaraventarti all’inferno o sulla luna, può ucciderti o rimetterti al mondo. Può tutto. E infatti, su un rinvio del portiere, in un attimo è andato tutto a puttane. La vita è così. E tu puoi solo scegliere se accettarla o non accettarla. Sono affari tuoi”.
Dino Zoff ricorda la delusione europea del 2000, nel suo libro “Dura un attmo la gloria”.
“Quella domenica d’inizio luglio, quella finale a Rotterdam, quegli Europei del 2000 sono stati la grandine della mia vita.
Il pensiero di Berlusconi: “Nella finale di ieri Zoff è stato indegno, si è comportato come l’ultimo dei dilettanti…”.
Era un commento così ingiusto, così immotivato… Ma non era quello il problema. Ciò che contava era che metteva in mezzo la mia dignità. E io alle parole do un valore, per questo ne dico così poche.
E così mi dimisi.
Sapevo bene che mi giocavo molto con una simile mossa. Che era un atto rivoluzionario. Quel gesto, così eclatante, fu il mio personale urlo contro l’ambiente, contro il sistema. Sono un operaio specializzato che, con passione e serietà, tutti i giorni della propria vita ha timbrato il cartellino. Undici campionati giocati di fila, mai un raffreddore, mai un infortunio.
Anni e anni in panchina ad assumermi responsabilità e a metabolizzare insulti.
Se davvero sono stato un monumento, come qualcuno ancora dice, sono stato un monumento ai lavoratori. Questa è stata la mia minuscola grandezza, la mia vita, la mia dignità.
Così accadde l’inevitabile. Il mondo del calcio non mi perdonò quella mossa. E mi fece fuori.
Avevo fatto qualcosa di imperdonabile, di non previsto dal codice non scritto che regola la vita del pallone”.