Walt Disney e la morale moderna Il colosso americano dell’intrattenimento ha un impatto su un pubblico sempre più vasto

Ci sono moltissime parole che risultano immediatamente evocative, che, come si dice, tutti conoscono, senza ricordare bene come e quando le hanno imparate o ne hanno appreso il significato. “Disney” è senz’altro una di queste. Il colosso americano dell’intrattenimento è parte del bagaglio di conoscenza condiviso a ogni livello della società in tutto il mondo, quantomeno il mondo occidentale, soggetto all’egemonia culturale statunitense ormai da decenni. E l’impatto di Disney non è certamente marginale: i suoi prodotti cinematografici ma anche televisivi e, ora, adeguatisi alle dinamiche di streaming online, sono per lo più fruiti da giovani e giovanissimi. Conscia della potenziale limitazione che questo avrebbe potuto generale sul lungo periodo, Disney ha via via ampliato il proprio pubblico, producendo anche prodotti dichiaratamente rivolti a persone più avanti negli anni, o, secondo un processo più interessante, complicando le trame dei propri film di animazione, aumentandone lo spessore emotivo, costruendo personaggi più complessi e, in definitiva – ed è questo il punto –, sfumando i connotati morali che questi personaggi presentano. Visto che il pubblico disneyano si trova, nella maggior parte dei casi, nel periodo della formazione della personalità, non è irrilevante chiedersi se ci sia, e quale sia, il messaggio di fondo che Disney trasmette. Chiunque abbia visto i grandi classici, prodotti almeno fino agli anni Novanta o primi Duemila, si sarà reso conto che, con forse un’unica, notevole eccezione, i film Disney seguono uno schema piuttosto consolidato. Il bene e il male sono nettamente divisi, il “buono” patisce spesso una condizione di torto o ingiustizia dalla quale deve uscire, e il suo ruolo è un’ascesa verso la vittoria, anche morale, contro il “cattivo”. I cattivi, in Disney, sino a pochi anni fa, erano cattivi in quanto tali, pur con motivazioni specifiche, ma sarebbe stato difficile identificarsi con loro. L’eccezione cui si fa riferimento riguarda non a caso un personaggio ricavato da un grande romanzo, ed è Frollo, il “cattivo” de Il gobbo di Notre Dame: un “cattivo” estremamente “umano”, tormentato dalla tensione tra un ideale trascendente imposto dalla religione e l’impulso tutto naturale verso la bella zingara Esmeralda. Tuttavia, è opportuno notare che, in generale, la morale promossa da Disney è fondamentalmente conservatrice: Disney non anticipa mai i tempi, mostra, ad esempio, famiglie “tradizionali”, segue ruoli sociali consolidati, si fa raramente promotrice di diritti e, se lo fa, solo se il dibattito su tali diritti ha ormai prodotto un’opinione condivisa largamente. Qualche anno sorse un dibattito intorno al sequel del fortunato musical d’animazione Frozen: alcune voci avevano sostenuto che la co-protagonista sarebbe stata rappresentata come lesbica, una notizia che molte frange di pubblico giovane e sensibile a queste tematiche accolse con molto favore. Disney non lo fece, attirandosi molte critiche. Questo porta a una considerazione fondamentale: Disney è un’azienda, non un’organizzazione sociale-umanitaria; cerca il profitto, non l’edificazione – e sarebbe rischioso lasciare in toto l’edificazione morale a un’azienda privata. Non le va chiesto più di quello che vuole dare: intrattenimento, certo non esente da critiche.

EffeEmme