Domenico Volpati, doppio ex di Verona e Torino, gioca la sfida di domenica tra gialloblù e granata: «Si tratta di una partita molto interessante per entrambe le squadre. Il Verona, tra le due, è sicuramente quella che ha più bisogno di punti. La vittoria di Lecce è stata un risultato straordinario, è come se tutte le costellazioni si fossero allineate tutte insieme. Ora i gialloblù hanno fatto un grande passo in avanti verso la salvezza. La vittoria sarebbe d’obbligo, tuttavia può andare bene anche un pareggio. In questo momento l’importante è non perdere. Il Torino, invece, fuori casa sta vivendo un momento particolarmente felice. I granata, infatti, sono reduci da tre vittorie consecutive. Sono una squadra che come gioco espresso si è sempre dimostrata all’altezza».
JURIC E IL VERONA
Il confronto del Bentegodi mette di fronte Ivan Juric con il suo recente passato. Peraltro l’ex tecnico gialloblù si può dire conosca bene il Verona e molti dei suoi componenti – oltre a Bocchetti, ci sono Tamèze, Lazovic, Veloso, Faraoni – ma anche loro conoscono molto bene il loro ex allenatore. I gialloblù, inoltre, come principi di gioco, stanno portando avanti quanto inizialmente seminato dallo stesso Juric e poi da Tudor, grande amico dell’allenatore croato. In tutto questo, chi ci guadagna e chi ci perde? «Non vedo in questo particolari vantaggi o svantaggi. A mio parere – commenta Volpati – gli allenatori negli ultimi anni iniziano ad avere un peso più relativo. Oggi giorno la mano dell’allenatore si vede di più fuori dal campo, intesa come gestione dello spogliatoio. Avendo a che fare con rose di 25/30 giocatori questo aspetto diventa quasi fondamentale. Una volta, invece, l’allenatore privilegiava il lavoro di campo, con rose sicuramente più ridotte, aiutato solo da un vice e dall’allenatore dei portieri. Un esempio? Sapete come la penso, la risposta è fin troppo facile: Osvaldo Bagnoli».
DUE ANNI A TORINO E SEI A VERONA
«Nelle due stagioni a Torino – ricorda Volpati – potevo sicuramente fare meglio. Ero, forse, un tantino impreparato, in quanto sono arrivato a esordire in serie A con la maglia granata che avevo già 28 anni. Inoltre avevo già iniziato a studiare medicina. Ero, quindi, in una situazione un po’ atipica. Nonostante questo, grazie anche alla mia duttilità, ho sempre giocato, ricoprendo più ruoli, disputando due finali di Coppa Italia e anche la Coppa Uefa. Pensate che il figlio di Bonetto, diesse di quel Toro, mi ha confessato che il più grande rammarico del padre è stato quello di non aver capito fino in fondo un giocatore come Volpati». E poi Verona: «A Verona non avrei mai pensato di rimanerci così tanto. Pensate che il primo anno con Tricella volevamo prendere un appartamento a Verona ma il rischio di trovarci l’anno dopo da un’altra parte ci fece desistere. Volevo smettere e invece ci sono rimasto sei anni vincendo un incredibile scudetto».
Ma il Verona si salva? «I gialloblù non devono pensare a gestire i tre punti di vantaggio. L’importante, comunque è non perdere. Al massimo da qui alla fine concedo loro una sola sconfitta. Così facendo il traguardo può essere sicuramente raggiunto».
Enrico Brigi