Svolta nei conti di Volkswagen. A 18 mesi di distanza dal dieselgate, Volkswagen non solo torna all’utile, con 7,1 miliardi di euro di risultato operativo (contro una perdita dei 4,1 miliardi nel 2015) e 5,1 miliardi di profitti netti (attribuibili agli azionisti Vw) nel 2016, ma realizza «la migliore performance di sempre». E allo stesso tempo vara una stretta sugli stipendi dei top manager. Il risultato operativo l’anno scorso sarebbe stato infatti pari a 14,6 miliardi, se il gruppo di Wolfsburg non avesse dovuto mettere da parte altri 6,4 miliardi per i contenzioni legali dello scandalo sulle emissioni truccate scoppiato nell’autunno 2015, ha sottolineato il ceo Matthias Müller, una decisione che ha fatto salire a 22,6 miliardi (finora) gli accantonamenti totali. A dispetto degli strascichi del dieselgate e alle difficoltà su alcuni mercati, come in Brasile e in Russia, l’anno scorso Volkswagen — che tra i suoi marchi include Porsche, Audi e Skoda — ha venduto 10,3 milioni di veicoli, diventando primo produttore mondiale, davanti alla giapponese Toyota, mentre le vendite consolidate sono state pari a 217,3 miliardi, in aumento dell’1,9% sul 2015, soprattutto grazie al forte contributo del segmento di lusso. Il board proporrà un dividendo di 2 euro per le azioni ordinarie e di 2,06 euro per i titoli privilegiati. Il Dieselgate fa sentire i suoi effetti anche sulla busta paga del CEO del gruppo Volkswagen. Mueller non guadagnerà più di 10 milioni di euro all’anno; il tetto vale, naturalmente, anche per i top manager, i quali non potranno percepire uno stipendio superiore alla cifra imposta nel caso del CEO. Stando a quanto riportato dal quotidiano tedesco Handelsblatt, i top manager di Volkswagen avranno uno stipendio fisso più alto di prima, ma percepiranno dei bonus inferiori.