““El me diga lu, mi no so gnente de sport, forse so de più de amareti e savoiardi…”. E’ la sua frase preferita, ma è, anche, una colossale bugia. Perchè Giuseppe Vicenzi, 89 anni suonati da un po’, ma lucidità “anni 60”, in realtà conosce molto, quasi tutto, di quello che sta succedendo, non solo tra amaretti, savoiardi e sfogliatine. “Me par che il Verona stia facendo benissimo”, sospira. “E go l’impression che il merito sia in gran parte del presidente e degli uomini che ha scelto. Perchè i risultati non arrivano mai a caso e quel D’Amico lì, dev’essere proprio brao…”.
Sa tutto anche del Chievo, “purtroppo”, scuote la testa. “Vedelo, è difficile mettere il naso in casa d’altri, ma se vedessi Campedelli, gli chiederei solo: parchè alo fato andar via Sartori? Mi dispiace molto per quello che è successo, conoscevo bene il papà, Gigi Campedelli. Imprenditore serio, persona per bene. Mi dispiace anche per l’azienda…”.
E poi il basket, il suo grande amore. “Eh, vincere è sempre dura…”, osserva. Si passa una mano sulla fronte: “Penso spesso a quel periodo, sono sempre convinto che la Verona sportiva dovrebbe ricordare di più le imprese della Scaligera…”.
Se gli chiedi il segreto, sorride, prende tempo…”Ghè lo dito prima…E’ decisiva la scelta degli uomini. D’Amico per il Verona di oggi, Sartori per il Chievo di ieri, Fadini per la mia Scaligera…”. Dice che lui, mai e poi mai ha messo il becco in questioni tecniche. “Mi devo pensar ai biscoti, lei si occupi di basket, dicevo a Fadini…”.
Poi ha un sussulto. “Beh, una volta ho scelto io, el ga resòn… Volevo Dado Lombardi, io non lo conoscevo, ma Fadini me ne aveva parlato bene. Partii, andai a Reggio Emilia, lo portai a pranzo. Lui non voleva venire a Verona, ma continuava a guardare la mia Jaguar. “Se ci porta in A1, queste son le chiavi, la macchina sarà sua. Andammo in A1…”
E lei mantenne la parola? “Galo dubbi? Ho una parola sola, io…”