I sindaci dei capoluoghi di provincia del Veneto hanno dato mandato a Mario Conte (trattasi di semplice omonimia), primo cittadino di Treviso e presidente regionale dell’Anci, di chiedere un incontro urgente col governo. I Comuni veneti sono preoccupati, e non potrebbe essere diversamente, per le modalità della cosiddetta “fase 2”. I sindaci chiedono l’incontro forti del fatto di rappresentare «una regione che ha saputo gestire la “fase 1” in maniera scientifica e con provvedimenti efficaci per il contenimento del contagio». Tre i temi chiave: aziende, scuole e famiglie. Quest’ultime, ad esempio, come faranno coi figli quando papà e mamma dovranno tornare in ufficio? Le scuole, così ha deciso Conte Giuseppe, non riaprono per non correre il rischio di contagiare i nonni molti dei quali solitamente li vanno a prendere e li portano a casa, ma l’unica soluzione per i genitori sarà quella di lasciare i bambini proprio dai nonni. Un cortocircuito che la dice lunga sui tempi che stiamo vivendo e che ci aspettano. «Ci sono specificità territoriali» ha detto oggi Federico Sboarina durante il consueto punto stampa. «Chiediamo di poter affrontare la “fase 2” tra sindaci, con la regia della Regione, relativamente a due temi. Le attività commerciali e le scuole, i nidi e le materne. Come fa un genitore a lavorare se non può portare i figli a scuola, all’asilo o alla materna o nei centri estivi? Il “dpcm” che partirà il 4 maggio» ha evidenziato il sindaco di Verona «non fa bene a nessuno, è una via di mezzo inutile. La nostra richiesta partirà oggi e vorremmo fosse accolta altrimenti non ci fermeremo. Non anticipo nulla, ma non ci fermeremo» ha ribadito il primo cittadino.
MESSE E “CONGIUNTI”
«Noi 7 sindaci rappresentiamo 5 milioni di persone di una regione molto importante dal punto di vista economico. Vogliamo essere ascoltati. Ci prendiamo sulle spalle decisioni e responsabilità». Capitolo messe. «Ho posto la questione al prefetto» ha reso noto Sboarina «chiedendo che vengano celebrate le messe: l’auspicio è che si arrivi a una risposta positiva». Altro tema caldo, in tutti i sensi, quello dei “congiunti”: «Per me sono anche i morosi, l’interpretazione va in questo senso». Chiariamo: spetta solo al governo risolvere il pasticcio creato, a proposito di cortocircuiti. Verona, purtroppo, in Veneto è diventata maglia nera del contagio: nelle ultime 24 ore si registrano ben 43 decessi.
FOCUS VERONA
Il governatore Luca Zaia ha dato la propria lettura dei fatti: «I motivi sono principalmente due: ci sono stati ritardi nel registrare i morti, quindi potrebbe trattarsi di dati che si sono accumulati nei giorni precedenti. Poi c’è il tema delle case di riposo: ci sono situazioni di tamponi eseguiti in alcune strutture dove due giorni prima risultavano tutti negativi e poi si è verificata un’esplosione di positivi, questo perché i tamponi rilevano il virus al settimo giorno dal contagio, mentre il test rapido all’undicesimo». Il governatore è poi tornato a criticare le direttive nazionali: «Oggi abbiamo degli indicatori che ci dicono che in Veneto si possono ampliare le aperture. Abbiamo ad esempio una categoria importante della nostra economia, parrucchiere, barbieri ed estetiste, che hanno diritto al rispetto e a delle risposte».
IL “DOGE” TIRA DRITTO
Zaia ha poi risposto alle accuse piovute da una certa parte politica: «Non posso accettare che si dica che i veneti sono irresponsabili, sono persone per bene». Revocare le ordinanze che hanno concesso maggiori libertà? Zaia non ci pensa nemmeno: «Quanto fatto non è un atto sovversivo. Ormai» ha concluso amaramente «abbiamo capito che i problemi di questo Paese li crea il Veneto. Io non ho bisogno di visibilità, non aspiro a nulla: lasciateci lavorare».