Sabato scorso ai 200 metri finali lungo il rettifilo della Promenade des Anglais di Nizza, Fabio Consonni, il capotreno della Cofidis, ad un certo punto si è voltato: non “sentiva” alle sue spalle la ruota del suo capitano Elia Viviani, che infatti non c’era. Rimasto intruppato nel traffico, Elia la volata l’ha fatta come ha potuto, attento a non finire a terra, scattando dalle retrovie; una “mission impossible” tradottasi in un sesto posto finale al primo sprint del Tour de France che assegnava la prima maglia gialla. Se il bicchiere lo vogliamo comunque vedere mezzo pieno, tutto sommato lui era lì. Di questi tempi un anno erano giorni belli: trionfo e titolo europeo ad Alkmaar in Olanda; quest’anno, causa Covid, Elia non ha potuto nemmeno difenderla quella maglia. Messo in “bolla” di sicurezza dalla sua squadra (La Cofidis è francese e il Tour è un sacro rito che vien prima di tutto) ha accettato il diktat con un garibaldino “Obbedisco”. Va così. Non è stato l’inizio di stagione che Elia Viviani sperava: tre erano gli obiettivi di agosto, nessuno è stato centrato.
La Sanremo, il vero sogno della sua vita di corridore, lo ha ancora una volta respinto; al campionato italiano sulle strade del Veneto non si è mai praticamente visto; il titolo europeo non l’ha potuto nemmeno difendere per i suddetti motivi. Nelle gerarchie dello sprint italico, Elia è ora stato scavalcato da Giacomo Nizzolo, che nel giro di quattro giorni si è preso la soddisfazione d’indossare le maglie di campione italiano ed europeo. Si può parlare di crisi, quindi? No, sarebbe ingeneroso oltre che fuorviante. Certo, la vittoria manca da un anno, la concorrenza è forte e spietata, a 31 anni ci sta che il motore non produca la stessa esplosività di qualche bella stagione addietro, inoltre ha cambiato squadra e va detto come il treno che la Cofidis gli mette a disposizione non sia quella stessa alta velocità che gli garantiva la corazzata Deucenick. Tuttavia Elia Viviani è uno troppo meticoloso e scrupoloso nella preparazione per non aver preso questi fattori in considerazione quando ha varcato il Rubicone: i motivi son altri. Primo, gli si son ribaltati i programmi: questa doveva essere per lui la stagione con i cinque cerchi olimpici di Tokyo nel mirino: obiettivo slittato di un anno. Elia è stato costretto a riprogrammarsi e non è facile; secondo, ha indubbiante sofferto la lunga pausa, ha svolto la preparazione in ritiro in altura a Livigno per presentarsi alla gare ad agosto, ma la condizione non è ancora quella ottimale; terzo, ma non ultimo, il cambio di squadra: non va dimenticato infatti che sulle strade del Tour gli manca il pesce pilota più fedele, quel Fabio Sabatini compagno di mille volate. Può disporre di Fabio Consonni, suo compagno di nazionale in pista, ma Sabatini è da anni il suo angelo custode in strada. Insostituibile. Con ogni probabilità sarà al suo fianco al Giro. Viviani la maglia ciclamino di re delle volate l’ha già portata casa due anni fa, e ha già detto a chiare lettere che la voglia d’indossarla nuovamente è tanta. Vedremo. Intanto c’è un Tour alle battute iniziali, tutto da correre. «Il mio obiettivo principale è vincere una tappa» ha dichiarato alla vigilia. Le occasioni non mancano; se la vittoria verrà, tanto meglio, altrimenti nessun dramma. Ha bisogno di tempo. Diamoglielo
Elle Effe