Magari da domani sera sarà per tutti Viviani, con l’accento sulla i, come dicono i francesi. Straordinari nel difendere gli eroi di casa, ma sempre disponibili ad esaltare gli italiani e le loro imprese. Così Gimondi divenne Gimondi’, Chiappucci per tutti fu Chiapusci’. Poi successe con Pantani, fino a Nibali e ai giorni nostri. La Francia conosce già Elia Viviani, perché un campione olimpico non ha confini. Ma la maglia gialla ha un fascino speciale, così come la Grande Boucle resta la corsa più importante. Bello il Giro d’Italia, ma il Tour e’ un’altra cosa, su questo dubbi non ce ne sono. Non ci sono dubbi neanche su Viviani, che arriva al Tour bello carico, dopo un Giro sottotono, ma dopo aver ritrovato il sorriso con due vittorie su Sagan, proprio il suo “nemico” numero 1. “Io sono pronto” ripete Viviani alla vigilia. “Ho fatto tutto per arrivare al top per queste prime tappe, dove i velocisti possono divertirsi. So di trovare avversari altrettanto forti, ma so che se faccio quello che penso, diventa dura battermi”. Elia insegue un sogno, ma insegue anche un certo Gino Bartali. Si, proprio il vecchio indimenticabile Ginettaccio, che nel ’48, vinse la prima tappa e indosso’ il “giallo”, ultimo italiano a farlo. Anche questo spinge Viviani, uno che agli appuntamenti con la storia si presenta spesso vestito a festa. Campione completo, tanto grande nel gruppo, quanto umile fuori, Viviani sa che il Tour può consacrarlo campione totale, sulla scena di una corsa che ti proietta dritto nella storia. Sarà anche un caso, ma un altro veronese, Pietro Guerra, vinse una tappa al Tour ’71, proprio in questi giorni. Insomma, una serie di indizi che bastano a scuotere la vigilia di Viviani, atteso sul traguardo anche dal grandissimo Eddy Merckx. Il Tour parte infatti da Bruxelles, in onore del Cannibale, a 50 anni di distanza dal suo primo trionfo in giallo. E visto che siamo in tema di ricorrenze, la Grande Boucle numero 106, festeggia i 100 anni dall’introduzione della maglia gialla, come simbolo del primato. Insomma, ce n’è quanto basta per mettersi davanti alla TV e aspettare Viviani. “Sto bene, ho seguito il programma senza intoppi, so che cosa mi aspetta, ma lo sanno anche i miei avversari. E poi, non ho più la maglia tricolore, me ne servirebbe una gialla per colmare la lacuna”, ha scherzato Viviani alla vigilia. Il giallo e il verde. “La maglia verde a punti? Ora non ci penso, sarà la strada a dare le risposte che contano. Per pensare alla maglia verde, devi vincere le tappe, non ci sono alternative. E vorrei cominciare bene, poi ci penseremo…”. Viviani guarda comunque lontano. “Non penso solo alla prima tappa, vorrei finire il Tour, farlo comunque da protagonista. L’ho già corso, so che cosa vuol dire, l’entusiasmo che trovi, le folle che troveremo sulle strade. E poi, arrivare ai Campi Elisi, a Parigi… Anche quella, ad esempio, è una tappa speciale…” E anche su quella c’è una firma veronese. Se l’aggiudico’ Nicola Minali, grande velocista di casa nostra, che la ricorda sempre con un brivido: “Ho vinto tante corse, anche due Parigi-Tours, ma ai Campi Elisi l’emozione è senza fine”.
Come il sogno di Elia. Un sogno lungo da Bruxelles a Parigi. Lo spingono il ricordo di Bartali, i trionfi di Merckx, l’amore di una città che grazie a lui e Formolo ha riscoperto il grande ciclismo. Accendiamo la TV. Pedaliamo tutti con Elia.
L.T.