Uomo di mondo, Paolo Adriano Vitale. Non solo per le sei lingue parlate, tra cui l’arabo. Nato a Siena 39 anni fa, mamma austriaca, già da bambino trascorre cinque anni in Uganda per seguire il lavoro dei propri genitori. Da lì altri cinque in Libano. Tornato in Italia, a soli 16 anni lascia casa e famiglia per inseguire il sogno del calciatore, fino ad arrivare al periodo dell’università, i cui studi lo portano a girare per mezza Europa, dalla Spagna alla Germania. In mezzo la parentesi calcistica in Austria.
“A 17 anni giocavo per una società” – racconta Vitale – “la cui prima squadra era nei nazionali dilettanti, facevo 100 km tutti i giorni per andare ad allenamento, svegliandomi alle 6 di mattina e tornando a casa alle 8 di sera. L’anno successivo sono stato acquistato dall’Accademia del Sk Rapid Vienna, così ho lasciato il liceo in quinta e mi sono trasferito a Vienna. Ho fatto due anni, il primo in primavera e l’altro nella seconda squadra delle riserve, fino ai 19 anni. Avendo la doppia nazionalità italiana e austriaca ed essendo dell’82, all’epoca avevo il servizio di leva militare obbligatorio.Sono ritornato a casa dove sono stato aggregato al Siena per sei mesi tramite un nulla osta del Rapid Vienna, in attesa di vedere come si poteva evolvere la situazione.”
Lo scotto per aver mancato di poco l’esordio tra i grandi nel calcio che conta, avvenimenti extra calcistici e la sensazione di aver perso definitivamente il treno. Da qui la reazione di pancia tipica di quando si è giovani, con la decisione prima di smettere di giocare per un anno e poi di ricominciare da zero l’attività calcando per vent’anni i campi dilettantistici della Toscana, con un’esperienza anche in Germania, per poi sospendere ormai da circa cinque anni e dedicarsi allo studio e a lavori umili, fino alla laurea in giurisprudenza conseguita due mesi fa.
“Il calcio sembrava un capitolo chiuso da anni, fino a quando ho letto la notizia dei provini della Clivense la sera prima che avvenissero. Non ci ho pensato su due volte e la mattina seguente sono partito con il mio borsone. Al ritorno verso Siena sono stato contattato da Allegretti che mi confermava la sua intenzione di includermi in squadra. Di nuovo non ci ho pensato su due volte, ho preso quello che potevo, una borsa piena di vestiti e dopo due giorni sono ritornato a Verona. Ho lasciato la mia casa a Siena in affitto e un lavoro part time come istruttore in piscina. Non so se è un cerchio che si chiude, ormai non ci speravo più, ma avevo ancora un conto aperto con il calcio. A volte la fantasia viene superata dalla realtà e i piccoli sogni si avverano. Non bisogna mai smettere di crederci, che se uno è determinato e ama follemente qualcosa, quel qualcosa prima o poi arriva”.