Tempo di grandi battaglie per il vino, un asset economico che vale miliardi di euro, se pensiamo che il valore dei terreni coltivati a vite solo in Valpolicella +è stato stimato il 4 miliardi di euro e che l’Amarone per il 65% viene destinato all’export e rappresenta Verona nel mondo. Tempi difficili però, per diversi motivi, come vedremo, sia a livello locale per la prossima edizione di Vinitaly in calendario ad aprile, sia sul fronte europeo con i nuovi orientamenti della Ue che vogliono equiparare il vino alle sigarette per la presunta pericolosità sulla salute. Due fronti sui quali c’è molta preoccupazione: Vinitaly è in calendario dal 2 al 5 aprile, Veronafiere si sta impegnando in molti tour promozionali all’estero, ma la data ormai è molto vicina (negli anni scorsi si facevano in autunno per la primavera successiva)e ci sono territori nazionali, italiani, che stanno prendendo strade diverse. Sul fronte europeo, nella pagina successiva, invece, parola a Riccardo Pasqua, ad del Gruppo pasqua che porta all’estero oltre il 90% della sua produzione e conosce profondamente il mercato americano e quello asiatico dove un’etichetta sbagliata può provocare gravi danni alle produzioni veronesi e italiane. Cominciamo da Vinitaly. Molte sono le incognite: questa sarà la prima edizione davvero in presenza post Covid: ci sarà un afflusso record che metterà in difficoltà Verona sud e le infrastrutture o il test di Motor Bike fa ben sperare che si sia trovata finalmente una soluzione? Oppure le nuove dinamiche che si sono inaugurate durante la pandemia di Covid metterà in difficoltà il sistema delle grandi fiere? Gli espositori accetteranno ancora di affollarsi come ai vecchi tempi per cercare di strappare qualche contratto che possono ormai tranquillamente gestire dalle loro cantine? Non è una domanda campata per aria, perché i segnali sul territorio ci sono e preoccupano Veronafiere. Per esempio il Piemonte si è organizzato un proprio Salone del vino, regionale, durante il quale con le cantine dei produttori sempre aperte, promuove tutti i vini del suo territorio. Infatti, dal 4 al 6 marzo 2023 la città di Torino diventa una grande cantina che accoglie produttori piemontesi. “Un vero e proprio omaggio alla nostra terra e all’attività vitivinicola della nostra regione, tra storia e innovazione”, dicono gli organizzatori, che prevedono un centinaio di eventi. A quel punto, i produttori di Barbera, Nebbiolo, Barolo, Barbaresco avranno ancora convenienza e interesse a venire a Vinitasly? Il Piemonte, ricordiamo, aveva uno più grandi padiglioni,. Così pure preoccupa il diretto di Franciacorta, che avrà il suo festival del vino a inizio settembre. Stiamo parlando di una realtà enorme che a Vinitaly di solito occupa un edificio intero. E quest’anno con brescia capitale della cultura, iniziative ed eventi nelle oltre 60 cantine di Franciacorta sono destinati a moltiplicarsi. Un altro evento di rilievo è nell’aria in Toscana a conferma che i territori iniziano a sfruttare i mezzi tecnologici a disposizione e invitano direttamente a casa loro i grandi buyer senza più necessità di passare dalle Fiere e quindi con risparmi di denaro e di tempo. Che questa sia una conseguenza di quanto ci ha insegnato il Covid è probabile, ma di sicuro impone al modello Vinitaly di tenersi sempre aggiornato per essere un hub in grado di offrire servizi dedicati che siano un vero aiuto alle aziende. Un cambio di sistema che impone una evoluzione veloce: è questa la grande sfida.
“La Ue sbaglia, il vino non è una sigaretta’’. L’ipotesi di alert sanitari sulle etichette delle bottiglie è fuorviante: “Mercati a rischio”
Il via libera di Bruxelles alla normativa irlandese, che prevede “alert sanitari” sulle etichette di vino, ha generato malcontento e acceso una discussione che si è intensificata nel corso di questi ultimi giorni. Le diciture che verranno adottate dall’Irlanda porranno, di fatto, vino e alcolici su un piano analogo alle sigarette, nonostante i pareri negativi di Italia, Francia e Spagna e altri 6 stati Ue. Un limite al mercato interno? Un rischioso precedente? Una grave decisione da parte della Commissione Ue? Un condizionamento pericoloso? Varie le accezioni adottate per descrivere lo scenario plasmato da questa novità. Per capire le possibili ripercussioni negative e i danni al nostro mercato all’estero, ci siamo rivolti al Ceo di un’azienda vitivinicola con quasi il 90% di giro d’affari legato all’export: Riccardo Pasqua, ad del Gruppo Pasqua Vigneti e Cantine, azienda alla terza generazione della famiglia, composta da Riccardo e Alessandro, con sede a San Felice Extra. Gli orizzonti di questa solida realtà veronese abbracciano progetti legati all’arte, alla creatività e all’innovazione. Merito di una spiccata curiosità e uno spirito “unconventional”. “Siamo sinceramente stupiti dalla presa di posizione irlandese e dal silenzio della comunità europea in materia: equiparare il consumo responsabile di vino a quello di sigarette o super alcolici, ci sembra una riduzione semplicistica e che non tiene conto del contesto, delle modalità e del momento di fruizione – afferma Riccardo Pasqua – Il consumo moderato di vino è da sempre previsto nella dieta mediterranea, la più completa e sana per tutti gli esperti”. Il giudizio è netto: “questa dicitura, oltre che essere fuorviante, potrebbe danneggiare tutti i produttori che si impegnano per realizzare vini di qualità, adottando pratiche responsabili: confidiamo che le istituzioni sappiano prendere una posizione decisa sul tema, difendendo un comparto che dà lustro non solo alla nostra economia ma anche a quella europea in generale”. Secondo il Ceo se il caso irlandese si estendesse ad altri paesi europei, determinerebbe una contrazione degli acquisti nei retailer. A cascata, si configurerebbe “un approccio commerciale molto aggressivo da parte dei produttori europei verso i paesi extra Europa”. Diverso l’impatto sull’Europa: “credo che in generale, in tutta Europa, il canale tradizionale, più legato al momento di condivisione e sociale, sarebbe meno colpito”. Il timore che l’esempio irlandese possa presto venire replicato da altri paesi o preso a livello Ue è fondato, secondo Riccardo Pasqua, “soprattutto in quei Paesi con minor educazione enogastronomica e dove il problema del ‘binge drinking’ è più marcato, penso ad esempio a Paesi nord/orientali con climi freddi e/o legati al consumo di spirits”. Per quanto riguarda i potenziali impatti per la realtà aziendale Pasqua, la previsione è che “dovremmo affrontare un calo dei ricavi con tutte le conseguenze che comporta. Mai più di oggi la multi-canalità è fondamentale, oltre al fatto di essere molto forti su più mercati oltreoceano, in Asia, nei paesi extra EU e nei paesi emergenti. Sappiamo che essere in oltre settanta mercati nel mondo potrebbe essere per noi un ‘buffer’ di sicurezza”. L’auspicio di Pasqua è “che i governi più coinvolti, Italia, Francia, Spagna si uniscano compatti per vietare di comparare il vino, prodotto salubre e complemento della dieta mediterranea, ad altri prodotti nocivi”. La roadmap d’azione per i Paesi europei? “Lavorare insieme per diffondere cultura intorno al vino e alla sua filiera, come parte della nostra cultura e storia”.
Stefania Tessari
De Castro: “Attacco che va respinto’’. “I paesi nordeuropei tentano di demonizzare la nostra cultura e i nostri mercati”
“Sorprende come la Commissione europea non prenda minimamente in considerazione la posizione approvata a larghissima maggioranza dal Parlamento Ue che, nella risoluzione sulla lotta contro il cancro del febbraio scorso, ha categoricamente escluso l’introduzione di sistemi di etichettatura sanitari, come quelli presenti sui pacchetti di sigarette”. Così Paolo De Castro, membro della commissione Agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento europeo, commenta il via libera dell’Esecutivo Ue, arrivato lo scorso 22 dicembre con un silenzio assenso al termine del periodo di moratoria di sei mesi previsto dalla normativa, alla richiesta da parte dell’Irlanda di introdurre a livello nazionale l’obbligo di inserire alert sanitari, quali “l’alcol uccide”, sull’etichetta delle bevande alcoliche. Per l’eurodeputato “ancora una volta ci troviamo di fronte al tentativo di alcuni Paesi nord-europei di demonizzare settori che rappresentano un patrimonio della nostra cultura e tradizione eno-gastronomica, con richieste paradossali che peraltro mettono a serio rischio il funzionamento del mercato unico europeo, con i nostri produttori che si troverebbero a dover rispettare norme di etichettatura differenti da un Paese Ue all’altro.” “Fortunatamente – prosegue De Castro – il via libera non è definitivo: ora l’Irlanda dovrà essere autorizzata anche dall’Organizzazione mondiale del commercio, in quanto questa normativa rappresenta una barriera anche a livello internazionale. Un processo che prevede una durata di circa 60 giorni”. “Se da un lato la Commissione pare abbia scelto di voler condizionare le scelte dei consumatori europei – conclude l’europarlamentare – come Parlamento lavoreremo invece per informarli di più e meglio, con sistemi di etichettatura delle bevande alcoliche più trasparenti, che forniscano informazioni sul consumo moderato e responsabile. Un lavoro già iniziato, con la revisione del regolamento sulle Indicazioni geografiche, che dovrà essere lo strumento per proteggere allo stesso modo tutti i prodotti di qualità europei, a partire dal vino, da questi tentativi di criminalizzazione”.