A Chievo l’ormai ex Villa Pullè si trova ancora in una situazione scandalosa.
La villa e le sue pertinenze sono tutte abbandonate da oltre mezzo secolo, con saccheggi ed irreparabili danneggiamenti delle diverse proprietà e dei beni che conteneva, nella totale indifferenza di chi avrebbe dovuto invece custodirla, tutelarla e proteggerla: lo Stato e le sue Istituzioni centrali e locali.
Non mi sono dimenticato l’incontro dell’8 ottobre 2021, svoltosi al “Parco 800 di Chievo” e promosso dalla Società “INVIMIT SGR SPA” di Roma, al quale erano pure presenti l’allora vice sindaco Luca Zanotto e l’ex assessore Ilaria Segala.
Nel corso di quell’incontro proposi ai tecnici incaricati del recupero alcune soluzioni, che vennero poi sintetizzate e formalizzate in una lettera che il 15 ottobre 2021, inviai alla direzione Generale dell’INPS di Roma, all’INVIMIT SGR SPA, alle diverse Istituzioni ivi compreso l’allora sindaco Federico Sboarina.
I rappresentanti dell’INVIMIT Società con sede a Roma costituita nel marzo del 2013 su iniziativa della Cassa Depositi e Prestiti….”allo scopo di valorizzare il patrimonio immobiliare pubblico” – avevano informato i presenti di aver ricevuto l’incarico per il recupero di Villa Pullè e delle diverse strutture e pertinenze facenti parte dell’intero complesso immobiliare, compreso il suo parco secolare. Il tutto già di proprietà dell’Inps.
Nel corso dei loro interventi, accompagnati con diapositive, filmati, disegni, calcoli ed elaborati planivolumetrici, questi tecnici, avevano spiegato che il recupero della Villa e delle sue pertinenze sarebbe stato rivolto verso la trasformazione dell’intera proprietà in una “Struttura Protetta, con finalità residenziali e di assistenza alle persone ivi ospitate”.
Questa “Struttura Protetta”, come ci fu allora illustrato, verrebbe costituita con la realizzazione al suo all’interno di circa una quarantina di mini alloggi, autonomi ed indipendenti, destinati ad ospitare una popolazione anziana, ed in un contesto nel quale far condividere degli spazi e dei servizi collettivi in “co housing”, cioè in comune, e fra questi il servizio di ristorazione per gli ospiti stabilmente residenti, un servizio di lavanderia, la gestione degli spazi comuni e del tempo libero, ed altro ancora.
Potrebbero essere ricavati inoltre degli spazi comuni da condivide con le diverse realtà anche esterne, come ad esempio un asilo per il quartiere del Chievo, un presidio sanitario con ambulatori medici, una palestra, una biblioteca, luoghi di svago, ed altro ancora.
La Villa risale al 1681 e venne edificata per iniziativa di un ricco possidente e mercante proveniente dalle Fiandre, la regione settentrionale di lingua olandese del Belgio: Antonio Fattori. Nel corso degli anni la Villa e molte delle proprietà passarono in successione ai discendenti di ben tre generazioni di Antonio Fattori, sino al nipote Giacomo Fattori, il quale, per debiti accumulati durante la sua esistenza fu costretto a cedere nel 1778 tutti i suoi beni a Tommaso Pellegrini, uno dei discendenti del maggior artefice della progettazione della Villa: l’Arch. Ignazio Pellegrini.
Negli anni successivi, la proprietà venne ceduta ad altri e fra questi i Turati e poi ai Marioni, sino a quando nel 1873, la Villa fu’ acquistata dal nobile Conte Leopoldo Pullè che la ampliò. Fra la fine del XIX° e l’inizio del XX° secolo la Villa fu venduta agli Istituti Ospitalieri di Verona, affinché divenisse un luogo di cura per la tubercolosi, malattia molto diffusa in quei periodi. Dalla fine degli anni Sessanta, abbandono e degrado.
A distanza di due anni da quell’incontro, non si hanno più notizie circa i lavori per le attività di recupero. Comune e parlamentari si attivino per conoscere i programmi di recupero per Villa Pullè.
Giuseppe Braga (già dirigente CISL, e componente Comitato Provinciale INPS Verona)
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