“Viani, ti porto io all’arrivo”. Più o meno deve aver detto questo, Braima Sunclar Dabo a quell’avversario che aveva davanti. E che non stava in piedi, sfinito dal caldo, da una distanza che non aveva mai percorso. Jonathan Busby, non sarebbe mai arrivato al traguardo, eppure mancavano 250 metri. Ma non ne aveva più. Distrutto. Del resto, non aveva mai corso 5000 metri tutti assieme. E probabilmente, non li correrà più. Era lì solo perchè la sua nazione, Aruba, aveva un biglietto per i mondiali ed era toccato a lui. Nè più, nè meno, la stessa sorte di Braima, arrivato dalla Guinea Bissau. Non troveremo mai i loro nomi su qualche podio, nè per loro questo è e sarà importante. per loro, era importante esserci, onorare l’impegno, la maglia, i colori della loro nazione. Dimostrare che lo sport non è solo vincere, che esiste una straordinaria bellezza anche nel partecipare. In fondo, l’aveva pur detto un certo De Coubertin, che magari sarà a volte sbeffeggiato e che in questo sport, di sicuro, farebbe fatica a riconoscersi. Poi, arrivano i mondiali di Doha, una gara in apparenza scontata, fino al rettilineo d’arrivo. E qui, mentre il pubblico ha occhi solo per chi vince, si realizza un’altra straordinaria storia di solidarietà. Jonathan barcolla, rischia di cadere. Braima non lo conosce, forse non lo rivedrà più. Potrebbe superarlo e arrivare, in fondo è la legge dello sport. Invece si ferma, lo sorregge, lo trascina, lo incoraggia, fino al traguardo. Applausi. Tutti in piedi. Peccato che la giuria (il regolamento, please…) squalifichi Jonathan. Al cuore si comanda, ai regolamenti no…
Home La Cronaca di Verona “Vieni Jonathan, ti porto all’arrivo”. Una straordinaria lezione di fair play