Nessuno ritorna a Baghdad di Elena Loewenthal (2019, Bompiani)
Questa storia, come dichiara Elena Loewenthal, già traduttrice di numerosi testi di letteratura ebraica, è un’opera di fantasia, ma la fantasia attinge a ricordi, sentimenti, gesti e pensieri che sono la materia di
cui è fatta la vita.
Scorci di storia e storie particolari, incontri e abbandoni si intrecciano in un affresco che abbraccia oltre un secolo e che ci restituisce l’immagine mobile di una famiglia di ebrei iracheni, accomunati da un destino di viaggio, sradicamento e nostalgia.
Tutto comincia a Baghdad, all’inizio del Novecento dove Flora, Ameer e Violette rimangono soli, abbandonati da una madre inquieta, Norma, che fugge oltreoceano a inventarsi una nuova vita. La sua fuga dà il via ad innumerevoli partenze. New York, Milano, Gerusalemme, Londra, Haifa, Teheran, Madrid diventano teatri in cui, come atti unici, si snodano le vite di figli, nipoti e pronipoti. Ma la memoria è fatta di dettagli. Un taglio di luce particolare, un colore acceso, un profumo possono far riaffiorare ricordi precisi, sensazioni e fatti che credevamo dimenticati. E con i ricordi affiora anche la nostalgia che non è desiderio di ritorno ma certezza che non si tornerà.
G.T.