Sessantasette manifestazioni ed eventi realizzati in Italia e all’estero, oltre 14mila espositori nel quartiere fieristico veronese, con 1,3 milioni di visitatori e 750mila metri quadri venduti. Veronafiere archivia un 2016 ad alta intensità con un bilancio 78 milioni di euro e un Ebitda di 12,2 pari al 15,6% del fatturato. A livello di Gruppo – di cui fanno parte, oltre a Veronafiere, le società Piemmeti, Médinit, Veronafiere do Brasil, Veronafiere Servizi – il fatturato consolidato è di 86,4 milioni di euro, con un Ebitda di 13,5 milioni di euro, pari al 15,6% dei ricavi. Il fatturato aggregato del Gruppo Veronafiere raggiunge invece i 98,5 milioni di euro. Sono i dati salienti dell’attività caratteristica di Veronafiere, evidenziati durante l’incontro di fine anno, svoltosi nella sede di Viale del Lavoro, dal presidente Maurizio Danese e dal direttore generale, Giovanni Mantovani. Per il presidente Danese: «La partita nel sistema fieristico internazionale oggi si vince con i servizi, l’innovazione e l’apertura di nuovi mercati. A maggior ragione in Italia, l’unico Paese dove si prevede una ulteriore contrazione della superficie venduta. Per questo, la Fiera di Verona rilancia con un piano industriale che rappresenta una rivoluzione culturale del modo di fare fiera, basata sul know how, sulla digital transformation, sulle partnership di filiera e di mercato. Le direttrici sono quelle di rafforzare il portafoglio domestico ed esportare i nostri marchi leader. Continuando ad essere motore di sviluppo e ricchezza, economica e sociale, per il territorio di riferimento e il Paese». Per il direttore generale Mantovani, «L’obiettivo è affermarsi sempre più sulla filiera wine ma anche sul fronte di alcuni altri settori strategici, quali agro-tech e marmo- costruzioni. Solo le costruzioni valgono il 9% del mercato fieristico mondiale, mentre wine&food e macchinari e tecnologia si attestano rispettivamente al 5 e 6%. Ed è proprio su questi comparti che si concentra l’azione ‘software’ della nuova SpA, a partire dai processi di internazionalizzazione e di promozione del prodotto made in Italy nel mondo, anche in partnership con le istituzioni e associazioni nazionali di riferimento. E se per Vinitaly, Asia, con la Cina in primis, e Usa rappresentano i due progetti principali, per Marmo+Mac si punta al rafforzamento della leadership internazionale anche tramite un potenziamento della presenza del brand all’estero nei Paesi target Usa, Brasile, Egitto e Medio Oriente». L’incontro ha offerto l’opportunità per la presentazione del libro “Vinitaly, dalla storia al futuro”, curato da Lucio Bussi e Carlo Alberto Delaini. I due giornalisti, attraverso la cronaca, le immagini e i ricordi dei protagonisti hanno ripercorso mezzo secolo di Vinitaly, un’avventura partita nel 1967 e che ha contribuito a fare grande il vino italiano.
Ulderico Campagnola