Eccolo qua, Dragan Stojkovic. Un solo anno al Verona, ma quanta nostalgia.
Che cosa fa oggi Dragan Stojkovic?
“Dopo aver allenato per cinque anni il Guangzhou R&F, in Cina, ho chiuso il rapporto. Sono praticamente in vacanza e visti i tempi è stato un buon timing per chiudere il ciclo”.
Parliamo di Stella Rossa-Milan: quando queste due squadre si incontrano è inevitabile pensare alla partita del 1988…
“Quando parli di Stella Rossa-Milan parli della storia del calcio. In Serbia ancora oggi tutti ne parlano: la si può vedere in TV, si leggono ancora storie sui giornali. Sono partite leggendarie, credo sia una di quelle pochissime che hanno fatto davvero la storia. Quel Milan era straordinario, con i tre olandesi, posso dire che sia stata la squadra più forte contro la quale io abbia giocato in Europa. L’intensità, il pressing degli uomini di Sacchi fu pazzesco per l’epoca”
Quello che avete affrontato era il Milan dei primi anni di Silvio Berlusconi. Che prendeva i migliori giocatori al mondo. Lei è mai stato vicino ai rossoneri?
“Sì, ma nel 1989 avevo firmato un pre-contratto col Marsiglia. Pensi, dopo due ore che avevo trovato l’accordo mi chiama Adriano Galliani. Mi chiede, fra l’italiano e l’inglese: ‘Tu, contract Marseille?’. Io nego l’evidenza. Bernard Tapie, presidente dell’OM, aveva già sparso la voce in giro, dicendo di aver comprato il Maradona dell’Est. Non potevo dire di no ai francesi, del resto Tapie era arrivato a casa mia col suo aereo privato offrendomi un contratto da giocatore top. Più tardi, nel 1991, il Milan mi invita a giocare un torneo amichevole a Madrid: faccio tre giorni di allenamento a Milanello ma la Federcalcio non dà il permesso perché non sono un tesserato del Milan”.
Rimpianti?
“È così la vita. Però il Milan mi ha lasciato bei ricordi. E due orologi. Me li regalò Silvio Berlusconi, per me e mia moglie, durante la mia stagione al Verona, in prestito dal Marsiglia. Fu il suo saluto, pensava evidentemente che l’anno dopo sarei andato al Milan. Purtroppo ebbi problemi col ginocchio, la cartilagine e non se ne fece più nulla. Presero poi Savicevic”.
E Verona?
“Il rimpianto è esserci arrivato infortunato. Non potevo fare di più, stavo tornando in forma, ma avrei avuto bisogno di tempo. Ho comunque un bel ricordo, della società, della famiglia Mazzi, dei tifosi. E’ stata una tappa importante per la mia carriera”.
Un’ultima curiosità: eri noto col soprannome Pixie. Come è nato?
“Per il cartone animato Pixie e Dixie, ai miei tempi era molto popolare. Nasce dal fatto che quand’ero bambino e giovavo per strada con i miei amici mi fermavo sempre alle 7 di sera per andare a guardare quel cartone, che amavo molto. Una volta finito tornavo a giocare”.