Alla vigilia di ogni elezione, basti pensare alle amministrative nella nostra Verona, non c’è candidato a sindaco che nel suo programma elettorale non inserisca la salvaguardia del verde pubblico, la piantumazione di nuovi alberi, la creazione di parchi e giardini, piccoli o grandi che siano. Si sperticano tutti in proclami, i nostri politici, che si tratti di esponenti di destra, di sinistra, di centro. Poi però, nella stragrande maggioranza dei casi, accade che l’unico nuovo verde che spunta in città è quello dell’erba che si fa largo tra le crepe dei marciapiedi. Negli ultimi lustri, va detto per correttezza, fanno eccezione (per fortuna) Parco San Giacomo e Parco Santa Teresa, dove le opere promesse sono state poi realizzate. Per il resto, solo annunci e prologhi di peana ecologisti. Tutti ambientalisti, tutti amici della natura. Poi però scopriamo che Verona, a livello nazionale, è seconda solo a Roma per consumo del suolo. Il che significa cementificazione, costruzione di centri commerciali, case, alberghi, infrastrutture, e di quest’ultime purtroppo non ricordiamo opere che abbiano cambiato particolarmente la vita in meglio ai veronesi. Il rapporto Ispra presentato al Senato e relativo ai dati 2018 – elaborato dal centro studi del ministero dell’Ambiente – testimonia che all’interno del comune di Verona l’incremento del tasso di cementificazione è cresciuto di 33 ettari in un anno. Roma, dicevamo, guida la classifica con 75. Al terzo posto L’Aquila (29 ettari), poi Olbia (25), Foggia (23), Alessandria (21), Venezia (19), e Bari (18). L’assessore all’Urbanistica Ilaria Segala dice che quello di Verona è un dato che non la sorprende, «si tratta infatti» spiega «di numeri che si riferiscono al 2018 e il suolo consumato deriva dalla programmazione del Piano degli interventi del 2012, quindi quello firmato dalla passata amministrazione. I risultati» aggiunge la Segala «sarebbero stati ancora più negativi senza la variante 23, la prima che segna una diminuzione significativa del consumo del suolo, con un aumento delle aree verdi rispetto a quelle varate durante l’amministrazione Tosi. Inoltre» ha vuole precisare l’assessore «proseguono le operazioni di rigenerazione urbana in aree, però già compromesse, o in zone industriali dismesse come l’Adige Docks, che quindi incidono sul consumo di suolo. L’obiettivo è preservare il suolo agricolo, come si è fatto con la cancellazione della Cercola, scongiurando la cementificazione di una vasta area agricola». Ce lo auguriamo, e non abbiamo dubbi che il governo cittadino – per fare solo un esempio – ce la metta tutta per rimpiazzare gli alberi abbattuti per la realizzazione del filobus: sarebbe già molto. Quanto al Central Park, cavallo di battaglia di Federico Sboarina durante l’ultima competizione elettorale, lui stesso ha detto che l’iter non sarà breve, anzi che sarà lungo, e dunque armiamoci di tanta pazienza. Il dato, incontestabile, è che Verona è sempre più grigia e sempre meno verde. Viene in mente una nota canzone: là dove c’era l’erba ora c’è… una città/e quella casa in mezzo al verde ormai…/dove sarà… . Ps. Tra i comuni sotto i 50 mila abitanti si distingue, in negativo, Nogarole Rocca, dove l’incremento di cementificazione è stato di 45 ettari. Mica male.
A.G.