Verona-Bologna è senza dubbio la partita di Klaus Bachlechner. Nella carriera del roccioso difensore altoatesino i due club hanno sicuramente rappresentato le tappe più importanti. Arrivato giovanissimo a Verona, dopo le utili esperienze con Pisa e Novara ha disputato tre stagioni di A ad alto livello con la maglia gialloblù. «Sono arrivato a Verona appena diciottenne – racconta – e non avevo nemmeno la patente. Gli anni di Pisa e Novara mi hanno permesso di crescere. Tornato in pianta stabile a Verona, ho disputato tre campionati densi di soddisfazioni».
Con un nome così difficile da pronunciare per i tifosi veronesi è diventato subito Blechner, Bachlener oppure più simpaticamente Black and Decker. L’ironico appellativo era, forse, quello che più gli si addiceva. In campo, infatti, martellava i centravanti avversari limitandone estro e inventiva. E in quegli anni circolavano i vari Boninsegna, Bettega, Graziani e Paolo Rossi. «Mi sono trovato ad affrontare i più forti attaccanti di quegli anni anche se il più forte di tutti – confessa – per me è sempre stato il mio amico e compagno di squadra Gianfranco Zigoni. Quando era in vena non ce n’era per nessuno».
Lasciata Verona ecco Bologna. All’ombra delle Due Torri altri tre anni caratterizzati da una disarmante continuità di rendimento, sempre votato a soffocare il desiderio di gol degli attaccanti, senza mai mollare un centimetro, puntiglioso e tenace come solo un tedesco sa essere. Le sue prestazioni gli valsero la chiamata dell’Inter ma non furono sufficienti ad aprirgli le porte della Nazionale azzurra. «La maglia dell’Inter ha rappresentato il punto più alto della mia carriera. Giocare a San Siro, tuttavia, ha sempre messo addosso una grande pressione a chiunque. E io, forse, non fui in grado di reggerla fino in fondo. Riguardo, invece, alla Nazionale, beh in quegli anni i miei concorrenti erano difensori del calibro di Mozzini, Bellugi e Francesco Morini. Ci speravo ma ho sempre accettato con estrema serenità le scelte del ct di allora Enzo Bearzot». A Bologna, dopo la parentesi milanese, c’è poi tornato per altre due annate prima di appendere le scarpe al chiodo e chiudere, solo in parte, con il mondo del calcio, diventando commercialista. «A Verona mi sono iscritto all’Università – racconta con giustificato orgoglio – e negli anni, con pazienza e grande sacrificio ho conseguito la laurea, grazie alla quale ho iniziato la libera professione che ho fatto per vent’anni. Ora gestisco con la mia famiglia un residence in Val Pusteria ma presto arriverà anche per me la meritata pensione».
E Verona-Bologna? «Seguo sempre il calcio e le squadre dove ho giocato. Verona e Bologna sono due meravigliose città che mi sono entrate nel cuore. A Verona, inoltre, ho anche trovato moglie. Per la partita, fare un pronostico è molto difficile. Spero vinca il migliore».
Enrico Brigi