Tempi duri, anche per la cara vecchia Europa. O meglio, per un’idea di Europa che, se mai è decollata, sta rischiando ora di disintegrarsi in volo. L’idea è splendida, con un che di romantico che non può non piacere. Tutti insieme, appassionatamente, al di là delle barriere, dei nostri confini, “ragioniamo come un grande popolo, il popolo europeo”.
Il pensiero è stupendo, certo. Poi, vai a calarlo nella realtà e cominciano i dubbi. Le incertezze. Le differenze. Il resto l’ha fatto, ovvio, il “mostro” che ci attanaglia e che ci obbliga a guardarci bene in faccia. Il risultato lo vedete: conference call interminabili, per cercare accordi improbabili, tra popoli che, diciamolo, poco hanno sempre messo in comune e che si scoprono paurosamente intenti a “tirare la coperta dalla propria parte”.
La sensazione? Che in realtà, al di là delle parole, ci sia stata un’idea di Europa unita, solo sul piano economico, finanziario. Che ci si sia preoccupati soprattutto (soltanto?) di questo, di aspetti materiali che sono di sicuro fondamentali. Ma che in tutto questo scombinato percorso, nessuno si sia ricordato di cercare sentimenti. Qualcosa che potesse davvero unire popoli diversi per origine, cultura, abitudini, qualcoa che li facesse sentire parte di un progetto più grande, non solo a parole.
Certo, anche questo è molto romantico e forse fuori tempo. Ma i sentimenti non sono mai fuori tempo. Sono il filo sottile, forse l’unico, che può davvero legare uomini e donne profondamente diversi. E che possono anche non riconoscersi in accordi economici, di assai difficile interpretazione. Se l’unità di misura continua a essere sempre e comunque il dio denaro, ognuno tirerà l’acqua al suo mulino. Se qualcuno avesse pensato anche ad altro, forse.. Perchè gli ideali non hanno colore e non hanno bandiere. Forse è tardi. Ma forse, non è mai troppo tardi…