Lo prese da parte, il mister. “Mi disse, scaldati, entri tu”…”, raccontò un giorno Sandro Vanello. “Non sapevo neanche come riscaldarmi, la panchina era una novità…” confessò. Il mister era Cadè, capiva di calcio. E aveva intuito che quel ragazzino cresciuto nell’Inter ci sapeva fare.
“Vai, gioca semplice, come sai” gli disse.
Vanello lo ascoltò. Aveva il 13 sulle spalle, non sapeva che di lì a poco sarebbe entrato nella storia del calcio. “Mi diede la palla Traspedini” riprende. “Io incrociai il tiro sul secondo palo e Zoff non ci arrivò…”. Il grande Zoff battuto da un…bambino. Di quel gol, forse, non ci sono immagini, forse neppure una foto. “Però, era il mio primo gol in serie A…Il Napoli poi pareggiò”.
Un gol che finì dritto nella storia. Sandro Vanello e l’Hellas, primo giocatore e prima squadra a far gol dopo la “rivoluzione delcalcio”.
Allora, le panchine era corte, ci stava seduto il numero 12 e, solo dal ‘68-’69 anche il numero 13. Ma allora, le rose erano di 15, massimo 16 giocatori, il calcio era tutto più semplice.
Sandro Vanello si affezionò a quella maglia numero 13, che gli aveva portato fortuna. E Cadè sapeva di poter contare su di lui. “Fu una bella stagione, una grande esperienza” ricorda sempre Vanello, futuro architetto. Il suo domani comincò a disegnarlo quel giorno al San Paolo.