“Vai Damiano, non voltarti”. E Cunego va, irraggiungibile. L’airone veste l’arcobaleno

aIl russo Kaioumov è un osso duro ed è appena lì dietro come un segugio. «Non voltarti! Vai Damiano!» gli urla nell’ auricolare il ct della nazionale italiana Rino De Candido in Corso Porta Nuova negli ultimi metri che separano Damiano Cunego dalla maglia di campione del mondo juniores. Una mattina indimenticabile quella del 9 ottobre del 1999. Partenza alle 9, arrivo all’ora di pranzo: otto giri lungo un circuito di 16 chilometri con partenza e arrivo in Corso Porta Nuova e nel mezzo l’ascesa delle Torricelle.
Verona in passato si è regalata due giornate da porre in cornice nell’album dei ricordi: i trionfi, entrambi in Arena nel 1981 e 1984, rispettivamente di Giovanni Battaglin e Francesco Moser al Giro d’Italia. Due icone. Ma stavolta è diverso, è il mondiale, la corsa di un giorno che vale una vita. Una città che per ore e ore potrà esibire le sue bellezze sugli schermi di tutto il mondo.
Le prove a cronometro a Treviso, Verona si coccola le gare in linea in un weekend baciato dal sole. E sarà un bagno festante di folla. E poi quel ragazzino, un biondino della Lessinia ad accendere gli entusiasmi sulle strade di casa. Uno tosto, l’animo cimbro di chi non molla mai, gambe forti, tenacia e coraggio da vendere, timido ma sicuro di sé. Sa il fatto suo. Il fascino della bicicletta lo ha scoperto tardi, sulle strade di Cerro, come Paola Pezzo. La bicicletta amore folgorante per entrambi, per transumanza: lei dallo sci nordico, lui dalla corsa campestre. Damiano, che in camera ha il poster di Pantani, sin dalle prime pedalate nel vivaio della Gore Tex-Bruno Gaiga di Santa Lucia, va forte; tra gli Allievi vince 14 corse, al campionato italiano è secondo alle spalle del numero uno, Pippo Pozzato. Passa juniores e vince ancora; è un po’ schivo, di quelli che preferiscono farsela per conto proprio: «Non è tipo da sport di squadra, è un po’ individualista. Si esalta nello sforzo contro se stesso» spiega mamma Anna. Il papà, Renzo, ha una carrozzeria al Cerro, dove Nicola Giralda presiede l’Airone Fun Club: «L’abbiamo fondato quando abbiamo saputo della sua convocazione in nazionale ed abbiamo già 200 soci. Damiano ha primeggiato in tutti gli sport ed è una persona di un’umiltà esemplare» racconta. Arriva il grande giorno del mondiale in casa: l’Italia punta sulla classe di Pippo Pozzato, che di Cunego è compagno di stanza, ma il vicentino è ingabbiato; tutti sanno che il favorito numero uno è lui e gli stanno addosso.
La corsa s’infiamma all’ultimo giro: Cunego rompe ogni indugio e attacca, l’unico a tenergli la ruota è il russo Rouslan Kaioumov; la strada sale e al secondo tornante delle Torricelle l’Airone spicca il volo. Colpo secco, netto e deciso, che il russo accusa. Damiano scollina da solo, poi la discesa in città per gli ultimi quattro chilometri: Kaioumov non molla, «Non ti voltare! Tieni duro Damiano!». E lui ce la fa. Campione del mondo: «Ho cominciato a correre due anni fa e non avrei mai pensato di vestire nemmeno la maglia azzurra» mormora con gli occhi lucidi. «Ha fatto il Pantani» strabilia il ct De Candido. Giuseppe Martinelli gli prospetterà un contratto tra i professionisti, ma Damiano preferirà aspettare, c’è tempo. Al grande ciclismo si affaccerà due anni più tardi. Il resto è agli atti.

Elle Effe