Vaccino covid, cruciale contro il virus. Due ricerche dell’Università di Verona e del Sacro Cuore di Negrar Permette di avere un minor rischio di infezione. “Valido correlato di protezione’’

Lo sviluppo di anticorpi IgM generati dalla vaccinazione contro il SARS-CoV-2 è associato ad una migliore risposta immunitaria e ad un minor rischio di infezione: è quanto emerge da due ricerche condotte dall’Università di Verona e dall’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Vr). La presenza di IgM specifiche contro la proteina Spike del coronavirus in seguito alla vaccinazione potrebbe quindi rappresentare un valido “correlato di protezione”, ovvero un indicatore del livello di protezione garantito dalla vaccinazione, fornendo indicazioni sulla efficacia vaccinale e su quando somministrare eventuali dosi di richiamo. I ricercatori hanno misurato il livello di anticorpi IgM e IgG specifici in una popolazione di circa 1.900 operatori sanitari, di cui circa 300 con una precedente infezione da SARS-CoV-2. Le IgM, così come le IgG, sono prodotte dal nostro sistema immunitario per combattere le infezioni o a seguito della vaccinazione, con la quale si introduce nell’organismo del paziente un antigene contro il quale si vuole indurre una risposta immunitaria oppure, come nel caso dei vaccini a mRNA, le istruzioni per farlo produrre dalle cellule umane. Le IgM costituiscono la risposta più immediata, la “prima linea” di difesa contro una nuova infezione, mentre le IgG vengono prodotte in grandi quantità negli stadi successivi dell’infezione, rimanendo in circolo per più tempo, e rappresentano la nostra memoria immunologica, che si attiva in caso di una nuova infezione da parte di un virus già incontrato, anche a distanza di anni. Dall’analisi dei prelievi effettuati è emerso che i soggetti con una risposta coordinata all’infezione, che producevano cioè sia IgM che IgG specifiche per la proteina Spike del virus, mostravano un livello di anticorpi più elevato e una maggiore capacità di neutralizzare il virus. In molti altri casi invece le IgM apparivano dopo le IgG o non comparivano affatto, probabilmente perché l’infezione o la vaccinazione SARS-CoV-2 potrebbe aver risvegliato nell’organismo dei pazienti la “memoria” di infezioni recenti ad opera di uno degli altri quattro coronavirus umani endemici, quelli del comune raffreddore. “Il nostro studio ha evidenziato la presenza di una risposta anticorpale ‘non convenzionale’, osservata in soggetti che non avevano mai incontrato il virus SARS-CoV-2”, afferma Chiara Piubelli, responsabile della ricerca biomedica del Laboratorio di Microbiologia e Malattie Tropicali dell’IRCCS di Negrar. “L’assenza di produzione di IgM era associata ad una minore produzione di IgG che neutralizzano il virus e tale differenza si manteneva nel tempo, anche dopo la dose booster. L’identificazione di questa risposta anticorpale ‘non convenzionale’ apre interessanti scenari di approfondimento, al fine di arrivare ad una migliore caratterizzazione dei fattori che influenzano la risposta al vaccino.” “L’imprinting immunologico, noto anche come ‘peccato originale antigenico’, consiste nella propensione del sistema immunitario ad utilizzare preferenzialmente la memoria immunologica basata su una precedente infezione quando si incontra una nuova versione di un dato patogeno”, spiega Donato Zipeto, professore associato di Biologia molecolare dell’Università di Verona.