Vaccini sì o vaccini no? E ancora: basta una dose o ne servono due? E a quanto tempo di distanza?
I PARERI. I pionieri sono stati gli inglesi. Il comitato scientifico governativo già il 31 dicembre 2020 ha inviato una lettera ai centri vaccinali raccomandando di inoculare il vaccino al maggior numero di persone rinviando il richiamo a 12 settimane, considerato un intervallo «ragionevole per ottenere una protezione a lungo termine». È stata una scelta di sanità pubblica, dettata dal problema dell’insufficiente fornitura di vaccini da parte delle industrie (Pfizer-Biontech, Moderna e Astrazeneca) che lo stavano distribuendo al Regno Unito prima dell’Ue, grazie al ricorso a una procedura d’urgenza.
IL FOGLIETTO ILLUSTRATIVO. l preparato di Pfizer-Biontech va somministrato con due dosi intervallate da 21 giorni, tempistica che «può impedire al 95% delle persone di sviluppare il Covid con risultati sostanzialmente omogenei per classi d’età». Il farmaco di Moderna richiede due dosi distanziate di 28 giorni (94,1% di efficacia).
Su Astrazeneca c’è una posizione unanime e ufficiale. Anche l’agenzia italiana del farmaco, Aifa, «raccomanda che la seconda inoculazione dovrebbe essere fatta idealmente nel corso della 12ma settimana, da 78 a 84 giorni e comunque a una distanza di almeno 10 settimane, 63 giorni, dalla prima». Si è visto che in questo modo già prima del richiamo la risposta immunitaria è dell’80%.
GLI ESPERTI. La comunità scientifica si divide. Giuseppe Remuzzi, direttore scientifico dell’istituto Mario Negri, sul Corriere della Sera ha giudicato «non strampalata» e vantaggiosa la scelta della Gran Bretagna. Inizialmente considerata azzardata, col passare delle settimane e la sempre più diffusa carenza di dosi legata ai ritardi delle aziende, la «via inglese» ha cominciato a trovare nuovi sostenitori. La strategia basata sulla «monodose»», applicata in Israele, viene descritta come premiante in un articolo pubblicato il 18 febbraio da Lancet da un gruppo di ricercatori di Tel Aviv: «I nostri dati mostrano che questo approccio ha prodotto una rapida reduzione delle infezioni da Sars-CoV-2 e di casi sintomatici di Covid 19. Questo incoraggia a sostenere «il ritardo della seconda dose nei Paesi che devono fronteggiare i problemi di approvvigionamento», in modo da coprire il maggior numero di persone».
I TIMORI. Sempre su Lancet, il 19 febbraio, è stato pubblicato un commento firmato da scienziati dell’università di Nottingham e Leicester, che criticano la strategia della prima dose: «Il ritardo del richiamo potrebbe prepotentemente favorire la formazione di varianti del virus, risultato di un’immunità sub-ottimale o parziale». Gli autori scrivono inoltre che la diffusione di varianti resistenti ai vaccini potrebbe favorire il persistere della pandemia.
L’ITALIA. Per il momento Aifa potrebbe dare il via libera alla somministrazione di un’unica dose solo ai soggetti che hanno già contratto il virus. In Italia i guariti sono circa 2,5 milioni e già questo potrebbe costituire un risparmio di fiale.
VACCINI MONODOSE. L’agenzia americana Fda il 24 febbraio 2021 ha dato il via libera al vaccino di Janssen, la farmaceutica di Johnson&Johnson, l’unico monodose, fra quelli in arrivo. In una nuova analisi postata online, la Fda afferma che il preparato dell’azienda Usa fornisce una forte protezione contro il virus (72% negli studi condotti negli Stati Uniti e 64% in Sudafrica) e può ridurre il contagio.