Nel pomeriggio del 2 Ottobre migliaia di manifestanti confluirono pacificamente nel quartiere di Tlatelolco sulla Plaza de las Tres Culturas, che era il luogo simbolo delle tre culture del Messico: azteca, spagnola, moderna. Quella piazza racchiude la storia del Messico, perché in quel luogo, il 13 Agosto 1521, avvenne l’ultima e decisiva battaglia fra le popolazioni locali e i conquistatori spagnoli. Nello scontro gli Aztechi subirono una rovinosa sconfitta con 40.000 indigeni uccisi e la cattura di Cuauhtémoc, ultimo imperatore, che fu fatto prigioniero da Cortés. Ritornando al 1968, la manifestazione era animata dal proposito di volere porre fine alla catena di violenze, che da oltre due mesi insanguinava il paese. Prese la parola il giovane leader studentesco Socrates: “Compagni, questa è una manifestazione pacifica, noi oggi l’abbiamo indetta innanzitutto per festeggiare l’evacuazione della nostra università da parte delle truppe governative, poi per chiedere che il resto delle scuole secondarie vengano anch’esse liberate dalla presenza dei soldati e infine per indurre i compañeros a cominciare, a partire da lunedì, uno sciopero della fame, per dimostrare che noi non vogliamo attaccare nessuno. Cerchiamo d’ora innanzi dei sistemi pacifici. Lunedì cominceremo; chiunque vorrà partecipare a questo sciopero della fame si sistemerà nella città universitaria dinnanzi alla piscina olimpica.”
Lo sciopero, che sarebbe proseguito fino alla fine delle Olimpiadi, non ci fu perché in quel tardo pomeriggio la piazza venne nel frattempo circondata da autoblindo e camion carichi di soldati, che aprirono il fuoco contro i manifestanti “sparando in basso”, come testimoniò l’inviata dell’Europeo Oriana Fallaci, presente all’evento e lei stessa ferita durante l’attacco armato.
L’operazione, che era stata precedentemente studiata e pianificata, cominciò alle 18.10, quando la manifestazione stava per concludersi. Avvertiti da un bengala rosso e uno verde, lanciati da un aereo, seguirono ininterrottamente “62 minuti di fuoco nutrito”, dopodiché la sparatoria cessò improvvisamente perché i soldati non riuscivano più a sopportare “il calore delle armi arroventate”, come fu trasmesso da una agenzia stampa del giornalista Leonardo Femat.
Si calcolò che in quei minuti furono sparati sulla folla senza armi e privi di qualsiasi difesa oltre 15.000 proiettili, causando la morte di circa 400 persone, fra cui donne e bambini, mentre ufficialmente si dichiarò che il numero delle vittime fu di 34 morti. Al massacro parteciparono, in collaborazione con i regolari, agenti di un reparto speciale, il “Batallón Olimpia”, che, vestiti in borghese e mescolati tra i manifestanti, indossavano un guanto bianco in una mano per riconoscersi tra loro e distinguersi dai manifestanti.
Lo storico Marcello Flores considera la tragedia di Tlatelolco la fine, “almeno simbolicamente”, delle grandi mobilitazioni del Sessantotto.
Romeo Ferrari, docente di storia e filosofia