Uno steroide contro il coronavirus. È quanto scoperto da ricercatori, capitanati dall’università di Oxford, secondo cui un farmaco costituirebbe una svolta importante nella lotta al Covid-19, soprattutto per quanto riguarda i pazienti gravi.
Si tratta del desametasone, un antinfiammatorio steroideo facilmente reperibile sul mercato che, stando alle ricerche ha salvato la vita a un terzo dei pazienti ospedalizzati gravemente malati. Nello specifico, il farmaco, dopo 28 giorni dalla somministrazione, ha ridotto i decessi del 35% nei pazienti che necessitavano di trattamenti con i ventilatori d’ossigeno e del 20% in quelli che necessitavano solo di ossigeno supplementare, mentre non sembra essere particolarmente efficace sui pazienti in condizioni meno gravi. Secondo le stime degli studiosi, il desametasone avrebbe evitato un morto ogni otto pazienti attaccati alle macchine respiratorie e uno ogni 25 sottoposti ai trattamenti di ossigeno. I farmaci steroidei riducono l’infiammazione, che a volte si sviluppa nei pazienti Covid-19 perché il sistema immunitario reagisce in modo eccessivo per combattere l’infezione. Questa risposta eccessiva dell’organismo può rivelarsi fatale e ha portato i medici a sperimentare gli steroidi e altri farmaci antinfiammatori. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sconsiglia di utilizzare steroidi nelle prime fasi della malattia perché possono rallentare il tempo di espulsione del virus.
Lo studio è stato condotto su un campione ampio e in modo rigoroso: a 2.104 pazienti, selezionati in modo casuale, è stato somministrato il farmaco e i risultati sono stati confrontati con quelli ottenuti da 4.321 pazienti ai quali sono state fornite le cure abituali.
La Gran Bretagna inizierà immediatamente a somministrare Desametasone ai pazienti affetti da coronavirus, dopo che uno studio ha dimostrato che lo steroide ha salvato la vita di un terzo dei casi più gravi. Lo ha reso noto il ministro alla Salute, Mart Hancock. Hancock ha affermato che la Gran Bretagna ha iniziato ad accumulare il farmaco ampiamente disponibile quando il suo potenziale è diventato evidente tre mesi fa. “Poiché abbiamo individuato i primi segnali del potenziale del Desametasone, lo abbiamo accumulato da marzo”, ha affermato.
“Il Desametasone è il primo farmaco ad aver dimostrato di migliorare la sopravvivenza con il Covid-19. Questo è un risultato estremamente positivo”, ha dichiarato Peter Horby, professore di malattie infettive emergenti al dipartimento di Medicina di Nuffield, Università di Oxford. “Il beneficio in termini di sopravvivenza è chiaro e ampio in quei pazienti che sono così malati da richiedere un trattamento con ossigeno, quindi il desametasone dovrebbe ora diventare un farmaco standard da somministrare in questi casi”. “Il Desametasone – ha aggiunto Horby – è economico, disponibile e può essere utilizzato immediatamente per salvare vite umane in tutto il mondo”.
Il solleone dà fastidio al Covid 19
Grazie ai risultati di questo studio, i ricercatori hanno anche avuto strumenti per validare un’altra situazione importante del rapporto tra Covid e i raggi ultravioletti. Hanno fatto questo analizzando uno studio parallelo che indaga il modo in cui i raggi ultravioletti emessi dal Sole possano incidere sulla pandemia. La ricerca è stata coordinata da INAF e Università degli Studi di Milano. L’ipotesi di partenza è che gli ultravioletti naturali possano inattivare il virus presente in aerosol nell’aria, attraverso le goccioline di Flūgge o droplet. Il team di lavoro ha confermato che specie in estate quando le emissioni solari sono molto forti sono sufficienti pochi minuti perché la luce ultravioletta del Sole riesca a rendere inefficace il virus. Questa ipotesi è già stata dimostrata dal Laboratorio di Biodifesa del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti.
“Il nostro studio sembra spiegare molto bene come la pandemia di Covid-19 si sia sviluppata con più potenza nell’emisfero nord della Terra durante i primi mesi dell’anno e ora stia spostando il proprio picco nei Paesi dell’emisfero sud, dove sta già iniziando l’inverno, attenuandosi invece nell’emisfero nord”. Fabrizio Nicastro è ricercatore INAF.