«E’ un piano prudente e pragmatico con obiettivi raggiungibili usando le leve del rischio e dei costi, saldamente in nostro controllo – ha detto l’ad di Unicredt Jean Pier Mustier – Facciamo i conti con il passato e li facciamo da soli, senza aiuti di Stato od operazioni di sistema». Ma chi vuol restare azionista da febbraio deve raddoppiare la posta: l’aumento in opzione da 13 miliardi, quasi quanto il valore di Borsa, sarà una sfida soprattutto per i soci storici delle Fondazioni, che conferirono nel gruppo le loro banche e ne avevano fino a pochi mesi fa il controllo. E’ partita dunque la sfida ai soci storici come le Fondazioni. Proprio i contrasti sui livelli di capitale tra Mustier – allora capo della divisione finanza e imprese – e i soci di Verona, con Alessandro Mazzucco, Torino, Modena, Bologna, 18 mesi fa portò all’uscita del dirigente, mentre l’ad Federico Ghizzoni non voleva chiedere altri soldi agli enti. Chi tra gli azionisti raccoglierà l’assist del nuovo capo, che riafferma la fisionomia di “banca commerciale e paneuropea, semplice e con rete unica” tra Italia, Germania, Austria, potrebbe avere una redditività fino al 9% sull’investimento con la nuova politica di dividendi per cassa, e guadagnare anche dal rialzo delle depresse quotazioni. Il nuovo capitale servirà alla banca per coprire meglio i crediti deteriorati, con 12 miliardi di maggiori rettifiche solo nei conti 2016.