«Senza una politica industriale il nostro Paese non riuscirà a superare le difficoltà causate dalla pandemia». Ha una visione strategica Renato Della Bella, presidente di Apindustria Confimi Verona, nel guardare al 2021 e mentre traccia il bilancio dell’anno appena trascorso. È la risposta a una crisi inedita, dalle diverse sfaccettature: interessa mercati e prodotti, produttività e diversi settori del manifatturiero italiano.
Un dato su tutti inquadra la situazione e mette in allarme: nel 2020 il ricorso agli ammortizzatori sociali (tra cui cassa integrazione ordinaria e in deroga) ha riguardato 2/5 delle quasi 800 aziende che l’Associazione delle piccole e medie imprese riunisce nel Veronese. «Allo stato attuale parliamo di 314 aziende: alcune erano già in difficoltà. Altre, messe a dura prova dall’emergenza sanitaria provocata dal Covid-19, quest’anno hanno per la prima volta fatto ricorso a questi strumenti», spiega.
Nel periodo dal 2017 a oggi, la crescita è stata esponenziale: erano 25 del 2017, ora superano quota 300. «Che cosa accadrà dopo, in particolare da marzo, quando sarà sbloccato il vincolo del divieto di licenziamento?», si chiede Della Bella, non nascondendo la preoccupazione. «Come Apindustria Confimi Verona – aggiunge – proponiamo di attivare un tavolo di monitoraggio, che coinvolga anche le organizzazioni sindacali, perché la ricaduta sociale sul Paese sarà grande. Serviranno scelte condivise per affrontare questa crisi inedita e siamo disponibili ad assumerci il ruolo sociale che compete all’imprenditore, confidando sia lo stesso per gli altri soggetti in campo».
In generale, le PMI scaligere sono aziende sane in termini di posizionamento sul mercato: finanziariamente hanno retto bene nel 2020, ricorrendo però all’indebitamento. Tra i settori più penalizzati: automotive, moda, terziario e relative filiere. «Il 15-20% di calo di fatturato registrato si riverserà sulla redditività delle imprese, che non avranno utili, ma indici finanziari e patrimoniali peggiorati. Guardando al prossimo anno, la vera questione è: come saranno considerate queste aziende, se le banche non cambiano approccio? Troppe imprese sono in latente difficoltà: chi e come ne decreterà la sopravvivenza? Se affrontiamo la situazione con gli strumenti tradizionali, senza scelte politiche mirate ed epocali a vantaggio di chi ha scelto di continuare a produrre in Italia, non ne usciremo», sottolinea.
Il 2021 farà da spartiacque, poi sarà inevitabile la trasformazione. «In sinergia con i nostri associati, stiamo cercando formule innovative dal punto di vista commerciale – prosegue Della Bella –: vendite on line per chi ha la possibilità di attuarle, esposizioni digitali del portafoglio prodotti, organizzazione di incontri virtuali coi clienti».
Fondamentale sarà inserire figure nuove per arricchire il patrimonio di conoscenze acquisite: «Nello scenario attuale e futuro del Made in Italy si faranno sempre più strada professionalità con un ruolo chiave: dagli export manager agli ingegneri gestionali o specializzati nell’evoluzione di prodotto e impianti. Senza dimenticare le figure produttive e impiegatizie che saranno obbligate a evolvere attraverso la formazione continua, pena l’inevitabile uscita dal mondo del lavoro».
A livello locale, fondamentale è continuare a fare rete: favorendo sinergie con le parti sindacali, proseguendo il confronto con l’Università di Verona, partecipando alla discussione su scelte legate al fare impresa (dall’aeroporto alla logistica, dalla creazione delle infrastrutture ai poli intermodali fino alla gestione dell’energia) e avendo voce in capitolo su decisioni che per il “sistema Verona” si sono rivelate sbagliate.
«L’imprenditore oggi vive nell’incertezza del futuro. Dall’altra parte, manca per il Paese una strategia che non guardi solo a “ristori” temporanei, ma a una ripresa focalizzata su innovazione, ricerca e sviluppo, crescita dimensionale per attenuare malessere e tensioni sociali che si sono innescati», rimarca Della Bella.
«A partire da questi presupposti, gli imprenditori devono tornare a essere protagonisti – conclude il presidente delle PMI scaligere di Apindustria –. Scegliendo dialogo e confronto. Perché se dopo la pandemia nulla sarà più come prima, è dovere di tutti far in modo che il cambiamento volga al meglio. Si deve tornare a fare sistema, superando schemi e rigidità derivanti da rivalità e piani politici o da rendite di ruolo. Verona deve ritornare ai primi posti tra le città non soltanto come vivibilità, ma per produzione di ricchezza e benessere».