Chiunque tra i banchi di scuola si sia trovato a sfogliare “Le Metamorfosi” di Ovidio sarà sicuramente rimasto colpito dalla tanto tragica quanto spiazzante impresa di Orfeo, giovane disceso agli inferi per tentare di riportare in vita la moglie Euridice. Di riletture di questo mito ne abbiamo viste e lette in quantità, e nella maggior parte di esse i riflettori costantemente puntati sul dramma interiore del marito non fanno che fomentare nel lettore una timorosa curiosità nei confronti della moglie: cosa passa per la mente di Euridice? Come vive l’esperienza all’inferno? Vuole lottare per tornare nel mondo dei vivi?A rispondere a qualche domanda ci ha pensato Zerocalcare con la sua serie animata “Questo mondo non mi renderà cattivo”. Niente Orfeo in questa versione metaforica del mito: «ce sta solo Euridice che va all’inferno e nessuno che la va a cercà» commenta con la sua tipica parlata romana il protagonista (Zero) nel secondo episodio della serie, proseguendo amaro: «e dopo 20 anni riesce a tornare da sola, quando nessuno se la ricordava più, e tu te stupisci pure se non è più la stessa». Niente Grecia bucolica nella serie di Zerocalcare: la storia prende vita nell’immaginario quartiere di “Tor sta Ceppa”, rivisitazione di Rebibbia, quartiere natio del fumettista. Nel microcosmo della periferia romana, Zero e gli inseparabili amici Secco e Sarah – volti noti al pubblico di Netflix grazie alla fortunata serie animata “Strappare lungo i bordi” – conducono una vita incerta, un pendolo che oscilla tra la (para)noia, la precarietà e l’ansia. La loro routine è spezzata da un ritorno spiazzante: dopo anni in una comunità per tossicodipendenti, Cesare – storico amico di Zero – fa il suo ritorno nel quartiere, proprio quando un gruppo d’immigrati scappati dal Nord-Africa viene collocato nel centro di accoglienza locale. A poco a poco, a Tor Sta Ceppa si scatena l’inferno…e anche questa volta, mettere in salvo Euridice – che ci si riferisca a Cesare o agli immigrati poco cambia – si rivelerà un’impresa ardua. Proprio come nel caso di “Strappare lungo i bordi”, bisogna applaudire il talento e il coraggio di Zerocalcare (al secolo Michele Rech) nel setacciare le tematiche più scomode e quotidiane, facendone emergere degli spunti preziosi e sempre validi.Attraverso i sei episodi che compongono la serie, Zerocalcare scompone il tema dell’odio e declina l’inferno in molti modi, senza mai perdere di vista le tematiche a lui da sempre care: il rapporto con sé stessi, il disagio interiore, le mille sfide del quotidiano. Molte risate, qualche lacrima, innumerevoli le volte in cui ci si sente in dovere di fermare la visione per osservare le scene a mo’ di opera d’arte: Zerocalcare è un maestro del dettaglio, e ogni scena è un compendio incredibile di easter eggs a tema pop. Ed è proprio lì che si cela la bellezza di questo ennesimo format ben riuscito di Zero: ogni rievocazione familiare nasconde un microcosmo complesso, e il risultato è un quadro di vite appese e generazioni atterrite, minacciate dal rischio costante di essere sommerse e trascinate all’inferno.
VOTO: 9.5
Martina Bazzanella