Anche quest’anno il 25 Novembre si celebra la Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne. Istituita nel 1999 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite è a oggi una ricorrenza sempre più sentita e omaggiata, da manifestazione ed eventi dedicati a 360 gradi. Una data importante, in memoria di un’emergenza che nonostante gli sforzi per e i cambiamenti in atto per contrastarla, pare cronicizzarsi, divenendo un fenomeno sempre più radicato e preoccupante. Una violenza che appare tragicamente trasversale a classi sociali, etnie e religioni. Nel tempo, si sono susseguiti a simboleggiarla diversi oggetti color sangue, dalle scarpette rosse ispirate all’omonima opera “Zapatos Rojos” di Elina Chauvet, celebre artista messicana che con la sua installazione denunziava la morte della sorella per mano del marito e ricordava tutte le donne vittime di violenza, alle più recenti panchine rosse, insediate nei parchi delle città, volute per la prima volta in Italia nel 2016 e diffusasi rapidamente da comune a comune, con spesso annessa una targa che ne spiega la finalità. Dietro e dentro a questi oggetti, storie al femminile contraddistinte da paura, sofferenza e solitudine intrecciate a storie di disprezzo della vita da parte di uomini. Molto si è fatto per sensibilizzare le persone rispetto tale problematica, ma l’impressione è che resti ancora tanto, tantissimo da fare… Forse il primo aspetto che occorre sottolineare ancora e con più veemenza è proprio il fatto che la violenza sulle donne è un problema che riguarda e coinvolge tutti, nessuno escluso. Il fatto che la vittima sia donna, non deve far pensare che il problema riguardi solo lei, sarebbe un errore di costrutto. La violenza sulle donne, riguarda l’intera società. Se la disuguaglianza nei rapporti tra uomini e donne è considerata la principale causa alla radice di tale violenza, perché si possa raggiungere un reale rispetto della donna, credo occorra decostituire gli stereotipi di genere e coinvolgere gli uomini in tale processo, al fine possano rendersi conto quanto pregiudizi ed errate convinzioni possano danneggiare non solo la donna al loro fianco ma in primis la loro stessa persona. La violenza contro le donne è una manifestazione di rapporti di forza storicamente inuguali. Uomini e donne, ragazzi e ragazze, bambini e bambine vanno educati, o rieducati, al rispetto per se stessi e per l’altro. Risulta essenziale quindi avvicinare le menti a una sana parità “di rispetto” più che di genere, partendo dal principio che nessuno vale mai meno dell’altro.
Sara Rosa, psicologa e psicoterapeuta