«Siamo davanti a una farsa, a un’autentica farsa. Sono stanco di vedere come alcuni vogliono portare l’autonomia verso l’agonia. Sappiano però che, finché ci sarò io, l’autonomia non sarà morta né, tantomeno, le istanze dei veneti». Basterebbe questa affermazione del governatore leghista del Veneto Luca Zaia per dare l’idea del nuovo, clamoroso, buco nell’acqua prodotto dall’ennesimo vertice sull’autonomia. La riunione non solo si è chiusa con un ulteriore nulla di fatto, ma ha prodotto una spaccatura apparentemente insanabile tra gli “alleati” di governo. Basterebbe questo sfogo di Zaia, dicevamo, a descrivere la situazione. E invece il “doge” ha rincarato la dose: «È scandaloso che si continui a prendere in giro i cittadini, non solo i veneti ma anche quelli delle dodici Regioni che hanno avviato passi in direzione dell’autonomia, e che si voglia rieditare il conflitto tra Nord e Sud. Si vuol trasformare l’autonomia in un cadavere eccellente» ha continuato Zaia «ma si sappia che la forza dei 2 milioni 328 mila veneti che hanno votato il nostro referendum e di quelli di tutte le altre Regioni che la vogliono, è un fiume in piena inesorabile. È scandaloso che ci siano persone a livello governativo incapaci persino di mantenere la parola data». Questa la versione del capo dei 5 Stelle Luigi Di Maio: «Il tavolo sull’autonomia si è bloccato sulla regionalizzazione della scuola. Un bambino non sceglie in quale regione nascere: noi dobbiamo garantire l’unità della scuola così come l’unità nazionale». Forse, lasciamo il beneficio del dubbio, Di Maio non è al corrente dell’esito dei test Invalsi sottoposti agli studenti italiani: al Sud la situazione è drammatica, e non ci risulta che fino a oggi i poveri allievi meridionali siano stati penalizzati dall’autonomia del Nord. Ma andiamo avanti. Fonti 5 Stelle si sono affrettate a far sapere che «al vertice la Lega ha proposto di inserire le gabbie salariali, ovvero alzare gli stipendi al Nord e abbassarli al Centro-Sud. Per noi» hanno aggiunto «è inaccettabile. Una simile proposta spaccherebbe il Paese e la consideriamo discriminatoria e classista. Impedirebbe ai giovani di emanciparsi, alle famiglie di mandarli a studiare in altre università, diventerà difficile e costoso anche prendere un solo treno da Roma a Milano» hanno avuto l’ardire di aggiungere i pentastellati. «Tra l’altro è già stata in vigore in passato con pessimi risultati e giustamente venne abolita nel ’72. Reintrodurla significa riportare l’Italia indietro di mezzo secolo. Follia pura». Il premier Giuseppe Conte è stato chiaro: «Non è accettabile che l’Italia si slabbri. Non si possono trasferire tutte le competenze. Un progetto del genere è inaccettabile». Che la riforma viaggi ormai su un binario morto lo ha di fatto ammesso anche il ministro per le Autonomie, la leghista Erika Stefani: «Se qualcuno ha cambiato idea basta che lo dica e non si vada allora ulteriormente avanti. Chiedo al Movimento 5 Stelle se ritengono che i referendum non valgano più nulla» ha tuonato il ministro. «Spero che ci sia un ripensamento su questa posizione. In questo momento c’è una sospensione e non è ancora stato fissato un nuovo appuntamento. Per me di autonomia si deve parlare immediatamente. Noi chiediamo di dare un riscontro a quelle che sono richieste, richieste motivate e supportate, in particolare per quanto riguarda Lombardia e Veneto, da un fortissimo referendum. Se in materia di istruzione mi si nega la possibilità che una Regione con risorse proprie possa fare un’offerta formativa migliore e il motivo ostativo è che nelle altre Regioni non si può fare» ha concluso la Stefani «si nega il principio base dell’autonomia. Non abbiamo previsto alcuna gabbia salariale, solo strumenti che esistono già nel nostro ordinamento, dagli incentivi della contrattazione integrativa per dare continuità dell’offerta formativa e ovviare alle carenze di organico». Ci si aspettava una reazione più decisa da parte di Matteo Salvini il quale, invece, per il momento non ha voluto alzare ancora di più i toni dello scontro: «Chi rallenta sull’autonomia non fa un dispetto a me o alla Lega. Certe cose io me le aspetto dalle opposizione, dal Pd. Chi difende il vecchio non fa un favore a nessuno. Né a Milano né a Napoli. Oggi l’Italia è unita? No. Perché la gestione centralizzata favorisce gli sprechi e i furbetti. Autonomia significa incentivare. E io voglio un governo che corre, che lavora, che cresce. Non che torna indietro». E però, per ora, i 5 Cinque Stelle hanno ottenuto proprio questo. Come reagirà il popolo del Nord?