“Una ricerca artistica che guarda all’emotività e alla sensibilità” è l’obiettivo della collettiva di Natale “Untitled 2023”, nelle dichiarazioni della curatrice Emanuela Arreghini e del curatore Giancarlo Zanini. La mostra, proposta dalla Galleria “Spazio 6” di via Santa Maria in Organo e aperta fino al 29 dicembre 2023, raggruppa ventotto artiste e artisti (Giorgio Adami, Marzia Boldi, Angelo Bordiga, Renzo Cristiano Carli, Mariateresa Cazzadori, Andrea Ederle, Ruggero Facchin, Francesco Ferrara, Lorenzo Garmilli, Massimo Girelli, Andre’ Greco, Floriano Guizzardi, Roberto Leorato, Giuliana Magalini, Mancino, Gianpaolo Mazzara, Daniele Nalin, Riccardo Perbellini, Giulio Rocco, Massimo Rubulotta/Claudio Moro, Everardo Sguazzardo, Luciano Tarasco, Massimo Totola, Luigina Turri, Enrico Vucemillo, Joseph Zicchinella e Martino Zulian) che indagano il mondo attraverso la loro arte. L’intento dell’iniziativa è “il desiderio di smontare la classicità della rappresentazione e della percezione” per rendere tangibili, grazie a diversi modelli stilistici, varie soggettività espresse tramite cromie, luci, ombre, tessiture, materie e segni. L’allestimento, necessariamente stratificato per la grande quantità di esperienze raccontate, unisce in una articolata rassegna, pitture e sculture di più correnti artistiche contemporanee. Ne risulta un mosaico narrativo visivo che, muovendosi tra l’informale e l’astratto, si apre a linguaggi nuovi ma, comunque, legati a tecniche ampiamente sperimentate nella storia dell’arte. L’esposizione si propone di “rivedere il concetto di equilibrio” offrendo “richiami al Bauhaus, al movimento di Calder, alla ricerca di Moore con accenni al primitivismo, ricordi metafisici e stilizzazione della forma”. L’immagine chiave del progetto è la “Musa del Virgilio”, un ritratto femminile (creato dal pittore francese Jean-Baptiste Camille Corot) apparentemente estraneo al taglio visuale d’insieme e scelto perché capace di diventare una fonte di ispirazione, senza ricorrere alle parole. La musa, infatti, è una figura di confine fra il fantastico e il reale, custode di cultura e arte che stimola creatività e talento. Per evitare etichette precostituite, liberare gli sguardi e aprirsi a molteplici individualità, la vasta produzione in mostra è stata concepita dai due curatori come “Untitled” (senza titolo). In tal modo, in mancanza dell’ausilio di un testo in grado di spiegare razionalmente o fornire collegamenti predeterminati, chi guarda è invogliato (o costretto) a ricercare significati, attivando riflessioni proprie.
La presenza di un “titolo come soglia” (secondo l’indicazione del critico letterario Gerard Genette) avrebbe probabilmente definito a priori l’identità dell’iniziativa orientando, nello stesso tempo, con esplicite allusioni, il punto di vista da accettare. La titolazione, solo apparentemente ausiliaria e figlia di una tradizione che ritiene “mute” le immagini prive di parole, attraverso l’attribuzione di un nome aderente al contenuto, finisce con l’esercitare un’azione precettiva (suggerendo cosa vedere) e retrospettiva (suggerendo la visione dell’artista). Invece, le opere proposte in questa mostra sono artefatti che il nostro occhio, col semplice atto del “guardare”, è in grado di riconoscere evitando interferenze, didascalie e gerarchie. Un’immersione in sfaccettate, possibili interpretazioni che, proprio per la mancanza di un titolo/contenitore predefinito, apre a tanti territori da esplorare, nei quali realismo e astrazione si intrecciano.
Chiara Antonioli