Da diversi anni, Verona-Napoli è una sfida molto sentita, soprattutto per il forte senso di reciproca rivalità che accomuna due tifoserie che non hanno mai fatto segreto di non amarsi particolarmente. Una rivalità, peraltro, che non ha quasi mai trovato altrettanto riscontro in campo dove per i giocatori delle due squadre è sempre stata considerata quasi una partita come tutte le altre.
Quella giocata domenica 6 giugno 1999, però, ebbe tutt’altro che il sapore di un normale incontro di fine stagione. I gialloblù di Cesare Prandelli, infatti, grazie a una rete messa a segno dopo venti minuti del primo tempo da Totò Marasco, complice il pareggio della Reggina, conquistarono con una giornata di anticipo la matematica promozione in serie A.
Uno dei protagonisti, in quella domenica di inizio estate in campo solo nella ripresa, fu Marco Giandebiaggi, estroso tornante dal piede educato, dotato di corsa e fantasia. «La tensione quel giorno era altissima – commenta l’ex giocatore gialloblù – perché sentivamo molto vicino un traguardo inaspettato. La nostra stagione doveva essere transitoria, con un allenatore emergente come Prandelli chiamato per valorizzare i profili più giovani. Invece, dopo una grande partenza, caratterizzata da un filotto di vittorie, ci trovammo in testa e capimmo che potevamo lottare per il traguardo più importante». La partita con i partenopei rappresentava l’ultimo ostacolo. Nel calcio, però, il rischio di un passo falso, anche il più inaspettato, è sempre dietro l’angolo. «Quel giorno grande merito ebbe mister Prandelli che seppe toccare le corde giuste di noi giocatori. Ci disse semplicemente di andare in campo e di pensare a divertirci senza badare al risultato ma cercando di imporre il nostro gioco come eravamo abituati a fare sin dalla prima giornata. Il gol di Marasco sbloccò la situazione, tanto che poi sfiorammo più volte il raddoppio senza correre particolari pericoli. Al fischio finale, poi, fu bellissimo festeggiare in casa con i nostri tifosi, un pubblico veramente straordinario».
Il punto di forza di quella squadra? «Tra di noi si era creata un’alchimia vincente, in un gruppo composto da giovani ma anche da giocatori esperti. In più la presenza di Prandelli, un allenatore in grado sempre di infondere grande tranquillità. Il mister era un tecnico molto preparato, con la propria idea di gioco che sapeva anche ascoltare noi giocatori che esortava sempre a mettere in pratica sul terreno di gioco le nostre conoscenze».
E in quella squadra c’era un giovane centrocampista che oggi è tra i tecnici emergenti: Vincenzo Italiano. «Anche se era ancora giovane – ricorda Giandebiaggi – era un giocatore dotato di grande tecnica e già provvisto di spiccata personalità. Guardando al calcio di oggi mi ricorda un po’ Verratti. Si vedeva già allora che aveva la stoffa per diventare mister. Oggi è uno dei tecnici più apprezzati. Si merita sicuramente una grande squadra».