Raffaele Tomelleri
Ci hanno stupito. Li abbiamo guardati ammirati, sorpresi, come fossero due naufraghi di un calcio che non esiste più. Ma come, allora, ci sono ancora i sentimenti, abbiamo pensato. Allora, non è vero che in questo calcio dove comandano i Raiola e i milioni, dove le bandiere non sventolano più, c’è ancora spazio per i valori di ieri. L’amicizia, il rispetto, l’affetto, la speranza.
Ci hanno commosso, Vialli e Mancini. Perchè non succede spesso, di vedere in mondovisione un abbraccio come quello. Sincero, spontaneo, forte, totale. Senza freni. Un abbraccio che viene da lontano, dai tempi belli in cui squadre come la Samp (e prima ancora il Verona) potevano pure sognare di vincere uno scudetto. Un abbraccio vero, come se il tempo si fosse fermato in quella “Genova per loro”, che in fondo appartiene a tutti.
Ci hanno fatto scattare in piedi, Vialli e Mancini. Perchè tutti, ma proprio tutti, avrebbero voluto essere lì con loro. A condividere. A pensare. A ricordare. E oguno di noi, in quell’abbraccio, ha rivisto qualcuno, qualcosa, un compagno di squadra, una partita, un gol, un’emozione che pensava perduta per sempre. Perchè il calcio, in fondo, resta sempre uguale a se stesso. Uguali i brividi, l’emozione, la felicità. Uguale anche il dolore. E anche qualche lacrima, può starci, perchè no?
Ci hanno dato speranza, Vialli e Mancini. Perchè quello, lo sapevano tutti, loro per primi, non era, nè poteva essere, un abbraccio normale. No, era speciale. Perchè l’uno, il bomber di ieri, oggi straordinario capodelegazione della Nazionale, si gioca la partita più dura della sua vita. E forse gli viene più facile crederci, se accanto a lui c’è l’amico più forte di sempre. E l’altro, il c.t., geniale come quando giocava, sa che questo è il momento degli assist. E quell’abbraccio era l’assist più bello, perchè c’era dentro tutto. L’amicizia, la forza, il coraggio. Anche la preghiera.
“Io non mollo” dice sempre Vialli, con la leggerezza che ti sembra impossibile possa avere. Forse gli viene anche quella da lontano. Perchè “papà” Boskov gli diceva sempre, “partita finita, quando arbitro fischia”.