Umanesimo ottimista? Lettura sbagliata Gramsci, per esempio, considera il Rinascimento come un momento regressivo

L’immagine dell’Umanesimo che impera nel retropensiero della mentalità italiana è un’immagine che si potrebbe definire genericamente luminosa e ottimistica: il riconoscimento della illimitata potenzialità creativa dell’uomo domina l’Oratio de hominis dignitate di Giovanni Pico, ove Dio, avendo distribuito le caratteristiche proprie di ogni ente e non avendone alcuna da attribuire all’uomo, lo rende un Proteo, ossia un ente capace di adeguare la propria natura secondo il proprio arbitrio.
Dal punto di vista culturale, una discussione di questa immagine del Rinascimento è costitutiva del formarsi non solo della storiografia filosofica italiana del Novecento, che affonda le radici nell’attività critica del tardo Ottocento, ma assume anche connotati di politica culturale.
La tesi di Bertrando Spaventa della cosiddetta circolazione della filosofia europea batte proprio sull’importanza della filosofia moderna italiana per il formarsi dell’intero pensiero europeo. Su questa base, un’idea ricorrente da De Sanctis a Gramsci riguarda la valutazione del rapporto tra l’Umanesimo, il Rinascimento e la Riforma protestante come momenti costitutivi della modernità e del pensiero italiano, incentrato soprattutto sulla questione etico-morale.
Da questo punto di vista, il Rinascimento viene letto come un’epoca tutt’altro che “felice”: l’assenza in Italia della Riforma di Lutero ha impedito, secondo alcune di queste letture, che l’ideale pienamente terreno dell’etica umanistica venisse elevato a uno stadio più alto, tendente al trascendente e con un riferimento superiore in Dio.
Le riflessioni sull’impossibilità di dimostrare l’immortalità dell’anima e sulla virtù terrena come punto focale del comportamento umano, in assenza della certezza dell’esistenza di pene o premi ultraterreni, conducono inevitabilmente, agli occhi di alcuni critici italiani dell’Umanesimo nel primo Novecento, a considerare questa morale come un fattore di progressione, svincolata dai legacci della religione.
Le letture non sono comunque univoche: Gramsci, ad esempio, considera il Rinascimento nella sua forma intellettuale un momento regressivo, che relega la figura dell’intellettuale in una torre d’avorio dalla quale la sua efficacia sulle masse non riesce a filtrare. La lettura dell’Umanesimo come epoca in tutto e per tutto ottimistica è dunque errata, e lo si è già visto su queste pagine, come nel caso di Alberti e Machiavelli. In quanto parte fondante dell’autoconsapevolezza italiana, in ogni caso, essa va ricercata nelle sue caratteristiche più proprie.

EffeEmme