Non ha parlato nessuno. Se consegna è, è la consegna del silenzio. Meditiamo, gente, meditiamo. La Lega di oggi è in silenzio stampa, unico gruppo a non aver speso una parola dopo il flop elettorale. Ha parlato solo Salvini, da Roma (“…Sboarina ha sbagliato”), poi stop. Silenzio su tutta la linea. Solo un comunicato dell’Ufficio stampa del Senato, lunedì sera. Quattro righe per difendere il leader e Zaia, a sua volta attaccato da Flavio Tosi.
“Matteo Salvini ha lavorato alla luce del sole per il centrodestra unito in tutta Italia, a partire da Verona. Purtroppo, nella città veneta l’unico a non volere l’apparentamento è stato il candidato Federico Sboarina, come sa benissimo Flavio Tosi. Sempre a questo proposito, non hanno alcun fondamento le ricostruzioni che mirano a coinvolgere Luca Zaia: il Presidente della Regione non si è mai intromesso nelle scelte della Lega per le elezioni amministrative, a Verona o altrove, e non ha mai stoppato il segretario Salvini”. Insomma, diciamolo, poca roba, niente di esaltante. La Lega medita dunque in silenzio, su un risultato (6,6%) che è nettamente al di sotto delle attese e che obbliga adesso il Carroccio (come tutto il centrodestra) a profonde, inevitabili riflessioni.
Anche perchè, per cinque anni, in Consiglio comunale siederà un solo esponente, l’ex assessore Zavarise. E dopo aver avuto addirittura quattro assessorati, la Lega deve ricominciare praticamente da zero.
Certo, le rimane la Fiera, “blindata” con un blitz (discutibile) un mese prima del voto. Ma la presidenza di Federico Bricolo dovrà per forza di cose confrontarsi con la linea politica e gli indirizzi della nuova Amministrazione.
E poi, c’è quel risultato di lista (6,6%), che segna un’inversione di tendenza e va attentamente valutato. Quel 6, è una sconfitta a prescindere dall’esito del ballottaggio. Perchè segnala un trend negativo che deve imporre scelte e strategie evidentemente diverse. Quindi, tutti gli uomini della Lega, dallo stesso Zavarise a Bricolo, da Mantovanelli a Zanotto, da Ilaria Segala a Tosatto, per non parlare dell’onorevole Fontana (ai margini nella fase cruciale della campagna elettorale), sono chiamati attorno al “tavolo della ripartenza”.
Dove potrebbero arrivare segnali anche da Roma, da cui è iniziata la fase discendente. Oggi, sono tutti in discussione, a partire da Matteo Salvini. C’è da riconquistare una fiducia mai come oggi lacerata. Il 6, è di per sè un mezzo disastro.