Abbiamo già avuto modo di analizzare in un precedente contributo le recenti politiche monetarie della BCE, che portano ad applicare interessi negativi sulle disponibilità liquide detenute dalle banche: tenere fermi i propri soldi sul c/c diventa un costo sempre più elevato per le banche; queste, a loro volta, ribalteranno tali costi sui correntisti, che, quindi, sono chiamati ad attivarsi per diversificare i propri portafogli.
Per favorire l’afflusso di liquidità all’economia reale (imprese e famiglie), con la Legge di Bilancio 2017 il Legislatore italiano aveva introdotto i Piani Individuali di Risparmio (PIR), ovvero strumenti di investimento rivolti alle persone fisiche residenti in Italia, che godono di una serie di agevolazioni fiscali a condizione che siano detenuti per almeno 5 anni: esenzione dei relativi proventi e plusvalenze dalle imposte sui redditi ed esenzione dalle imposte di successione in caso di trasferimento mortis causa agli eredi.
I PIR devono investire le somme raccolte in diversi strumenti, quali obbligazioni, quote di fondi di investimento ed azioni in base a principi ben precisi previsti dalla normativa: caratteristica fondamentale è che destinatari di tali investimenti siano prevalentemente imprese residenti in Italia, anche non quotate al FTSE MIB di Borsa Italiana. Ad ulteriore tutela, per evitare eccessivi sbilanciamenti verso una singola impresa, la composizione del fondo è soggetta ad un limite massimo di concentrazione del 10% per ogni singolo emittente di strumenti finanziari.
Dopo il successo iniziale al loro esordio 4 anni fa, nell’ultimo biennio i PIR hanno perso appeal. Proprio per questo, con il Decreto Rilancio del maggio 2020, il Legislatore ha cercato di rendere ancora più appetibili tali strumenti, introducendo i nuovi “PIR Alternativi”, complementari a quelli tradizionali: è stato ampliato il beneficio fiscale a 10 anni (in luogo dei 5 dei tradizionali) ed aumentati l’importo massimo di investimento annuo a 150.000 euro (dai 30.000 dei tradizionali) e l’importo massimo di investimento complessivo da 150.000 a 1,5 milioni, con l’obiettivo di attrarre i risparmiatori con maggiori disponibilità. E’ stata poi ampliata la gamma di prodotti finanziari su cui i fondi possono investire. Inoltre, è stata modificata la composizione degli investimenti, cercando di convogliare una quota maggiore di risparmio privato verso le PMI non solo in via diretta, ma anche in via indiretta, facendo leva sul sostegno che può essere fornito dagli investitori istituzionali di tipo previdenziale (fondi pensione e casse private) elevando il vincolo di concentrazione per singolo emittente al 20% (dal 10% dei tradizionali).
La Legge di Bilancio 2021, volendo rendere ancor più appetibili tali strumenti e ridurre i relativi rischi, ha introdotto la possibilità di convertire in credito d’imposta (pari massimo al 20% dell’importo investito) le eventuali perdite subite sottoscrivendo tali prodotti, da recuperare nell’arco di 10 anni nella dichiarazione dei redditi.
Marco Vantini