La Guardia di Finanza e la Polizia di Stato hanno tratto in arresto due persone per i reati di truffa e bancarotta fraudolenta.
Si tratta di due uomini che si sono avvicendati nella carica di legali rappresentanti di una società fallita che operava nel settore della costruzione di edifici, che nel 2020 aveva trasferito la sede dalla provincia di Verona a quella di Roma.
Il provvedimento giunge al termine di complesse investigazioni che avevano portato a luglio di quest’anno al sequestro preventivo di circa 20 milioni di euro nei confronti di 28 società e 8 persone fisiche, indagate, a vario titolo, per i reati di associazione per delinquere finalizzata alla truffa, anche ai danni dello Stato, all’insolvenza fraudolenta, alla ricettazione, al riciclaggio e all’autoriciclaggio, all’accesso abusivo al credito e alla bancarotta fraudolenta.
Le indagini avevano preso le mosse da approfondimenti svolti su una società della provincia operante nel settore dell’«organizzazione di lavoro», risultata essere al centro di un vorticoso giro di false fatture emesse da società compiacenti per ingannare gli istituti di credito interessati per la stipula di contratti di leasing ai quali veniva fornita una falsa rappresentazione di solidità finanziaria proprio per farsi riconoscere linee di credito per circa 11 milioni di euro, 6 milioni dei quali riferiti a finanziamenti garantiti dallo Stato in forza della normativa di sostegno alle imprese connessa all’emergenza Covid-19.
Il sistema truffaldino, architettato con la connivenza di ulteriori soggetti, prevedeva, in particolare, l’artificioso ricorso a contratti di leasing per l’acquisizione di macchinari industriali, il cui valore reale era di gran lunga inferiore (sino a tre volte) a quello dichiarato alle banche, le quali venivano ingannate due volte: la prima all’atto della stipula del contratto di leasing, dal momento che le stesse finanziavano l’acquisto di un bene che in realtà valeva molto meno rispetto agli importi corrisposti, la seconda perché la società debitrice del leasing non pagava le rate dovute facendo perdere le tracce dei macchinari e impedendo così alla banca concedente di rientrarne in possesso.
In questo caso la gestione era stata affidata, si fa per dire, a un prestanome che dimorava presso un centro di accoglienza per persone indigenti.
I finanzieri e i poliziotti hanno accertato che i due arrestati avevano fatto sistematico ricorso al credito, ottenendo tra il 2018 ed il 2019, finanziamenti per oltre 3,2 milioni di euro, nella maggior parte dei casi garantiti dallo Stato, dissimulando lo stato di insolvenza della società e rendendosi, sin da subito, inadempienti agli obblighi di restituzione delle rate.
In un caso, i militari delle Fiamme Gialle e gli agenti della Polizia di Stato hanno rilevato che la società, quando era già in difficoltà finanziaria, aveva richiesto due mutui bancari per l’importo di 850 mila euro garantiti dal Fondo Centrale di Garanzia, il quale, una volta accertata l’inadempienza, è stato costretto ad accollarsi i costi legati al pagamento dell’80% della parte residuale di finanziamento non onorata. In questo caso è stata avviata l’azione di revoca delle agevolazioni indebitamente concesse.