C’è troppa confusione sui nomi delle varianti: le sigle cambiano a seconda delle banche dati in cui sono classificati i nuovi ceppi e l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) esorta ad adottare criteri più omogenei. Gli esperti dell’Oms hanno infatti iniziato a discutere su un nuovo sistema di nomenclatura.
“Siamo tutti confusi dai diversi nomi delle varianti”, riconosce Maria Van Kerkhove, coordinatrice del gruppo tecnico Covid-19 dell’Oms.
Quando la cosiddetta variante inglese è stata identificata, inizialmente è stata chiamata Variant Under Investigation 202012/01 (abbreviato VUI 202012/01) poi cambiato in Variant of Concern 202012/01 (o VOC 202012/01). Con alcuni dei sistemi di nomenclatura sviluppati dai ricercatori è stata nominata B.1.1.7 e 20I/501Y.V1. Sui media è ormai nota come variante inglese, anche se alcuni giornali britannici la chiamano ‘variante del Kent’. Percorso simile è avvenuto con le varianti sudafricana e brasiliana. A creare ancora più confusione si aggiunge l’uso indifferenziato di termini come variante, lineaggio e ceppo aggiunge. “Serve un sistema più semplice per chiamare le varianti preoccupanti”, commenta Oliver Pybus, dell’Università di Oxford, che ha lavorato al sistema di nomenclatura che descrive la relazione tra i vari rami del virus SarsCov2 e i loro discendenti evolutivi, lo stesso che ha portato al nome B.1.1.7. Gli esperti vogliono eliminare i nomi che associano la variante al paese in cui è stata identificata. Le associazioni geografiche possono infatti portare stigma al paese e scoraggiarne la sorveglianza. Un’altra possibilità di cui si discute è di dare un nome alle varianti preoccupanti sulla base delle mutazioni che contengono, in modo da far avere un nome simile alle varianti che contengono mutazioni simili. Altri invece pensano che il nuovo sistema di nomenclatura dovrebbe riflettere anche il grado di preoccupazione intorno alla variante, in modo simile ad un semaforo.