Tra speranza e paura: il golpe in Niger Marco Lombardo, cooperante di Progettomondo, “intrappolato” nel Paese africano

Il recente colpo di stato in Niger sta tenendo “intrappolato” nella sua abitazione, a Niamey, anche il cooperante di Progettomondo, Marco Lombardo. È uno dei nemmeno cento italiani che si trovano nel Paese africano.
In queste ore la Farnesina sta offrendo la possibilità ai connazionale di lasciare la capitale con un volo speciale per l’Italia e Lombardo sta cercando di raggiungere l’ambasciata.
“In Niger, la stabilità del governo era vista con un certo entusiasmo dagli attori internazionali implicati a vario titolo nel Paese. La repubblica nel cuore del Sahel è scenario degli interessi politici, militari ed economici di grandi potenze.
I recenti risvolti politici nei Paesi limitrofi e i segnali di un’insoddisfazione sopita erano però presenti da tempo e si sono tradotti in un colpo di stato che aleggiava nelle menti di molti, ma sulle bocche di pochi”, dichiara Lombardo, originario di Torino e impegnato con l’ong veronese Progettomondo ormai da un paio di anni in un programma di contrasto alle minacce dei cambiamenti ambientali e dei conflitti socioculturali.
Mercoledì 26 luglio, il presidente Bazoum è stato trattenuto dalla guardia presidenziale fino alla proclamazione della sua destituzione, attribuita all’insoddisfazione sulla gestione sicuritaria, economica e sociale del Paese. Marco Lombardo, da quel giorno è rimasto recluso in casa.
“Uscire non è cauto”, dice, “e potrebbe anche essere letto come una provocazione o un segno di sfida. Si sentono disordini e scariche isolate di spari. Nel quadro degli spostamenti concentrici di truppe dalla regione di Tillabéry verso la capitale, dei convogli si sono distaccati da Ouallam, capoluogo dell’omonimo dipartimento, a poco più di un’ora di strada da Niamey. Progettomondo ospita una base proprio a Ouallam e il nostro staff conferma l’avvenimento di tali manovre e di reazioni contrastanti tra i militari. Due esperti in missione dal Burkina Faso, che si trovavano a Ouallam nelle prime fasi del golpe, venerdì sono per fortuna riusciti a rientrare in capitale”.
Dopo il blocco dei voli internazionali e l’istituzione di un coprifuoco, le folle si sono riversate in strada nella capitale, così come nelle città di Tillabéri e Dosso. “Sono avvenuti disordini tra folla, esercito e alcuni esponenti politici, nonché scontri, incendi, tentativi di linciaggio, disordini e saccheggi”, racconta ancora Lombardo. “Le banche, subito chiuse, sono state riaperte e la vita economica e sociale è ripresa. La situazione resta però magmatica. Manca l’ufficializzazione della nuova giunta, così come la firma delle dimissioni del presidente Bazoum. Non sono stati formalizzati accordi scritti e, sebbene, la manifestazione annunciata per venerdì a sostegno del cambiamento nel governo non si sia infine tenuta a fronte del presidio militare delle piazze, non sembrano per il momento concretizzarsi azioni strutturate di contrasto al putsch.
La guida di Bazoum segnava una forte continuità col precedente esecutivo e il suo governo, sostenuto, tra gli altri, da Francia, Unione Europea e Stati Uniti, appariva tutto sommato solido, sebbene oggetto di un rimaneggiamento importante a fine novembre 2021. Eppure, ormai sembra molto probabile che si vada verso la transizione”.
Dopo una campagna elettorale burrascosa, Mohamed Bazoum era stato eletto democraticamente due anni fa, ma c’era stato un tentativo di colpo di stato anche a marzo del 2021, subito dopo la sua elezione. L’autoproclamato Consiglio Nazionale per la Salvaguardia della Patria, che lo ha deposto, conta i suoi membri tra i ranghi militari.
“Il colpo di stato militare in Niger rappresenta un ulteriore passo dell’escalation in atto nei paesi del Sahel, dove l’azione di gruppi armati di origine jihadista, insieme alla povertà strutturale e l’impatto dei cambiamenti climatici, stanno alimentando una crisi umanitaria senza precedenti, a cui si risponde con la militarizzazione”, evidenzia il presidente di Progettomondo, Mario Mancini.