Per la politica veronese sono ore di riunioni frenetiche. In gioco c’è la presidenza dell’ente provinciale. Si voterà il 31 ottobre. E se per i cittadini, che lo ricordiamo non hanno più il diritto di esprimere la propria preferenza per la tornata elettorale in questione, l’appuntamento ha scarso valore – e non potrebbe essere altrimenti – non si può certo dire la stessa cosa per i partiti, chiamati a ribadire o a stravolgere i rapporti di forza. Per il risultato finale conterà solo il voto dei sindaci e dei consiglieri dei vari Comuni del Veronese. La sfida sarà tra Manuel Scalzotto e Arturo Alberti. Il primo, sindaco di Cologna Veneta, sarà sostenuto da tutto il centrodestra tradizionale eccezion fatta per Forza Italia. Questa la composizione della compagine: Lega, Fratelli d’Italia, Battiti, Verona Domani, Verona Pulita e Associazione del Buon Governo. Quest’ultima fa capo a Massimo Giorgetti. Alberti, sindaco di Grezzana, verrà sostenuto dai tosiani, da Forza Italia e con tutta probabilità dal Partito Democratico (almeno in parte). Le forze in campo però sono chiare solo sulla carta. Perché in realtà i veri vincitori potrebbero essere i franchi tiratori, ossia i sindaci e i consiglieri che fanno parte di un partito ma che poi, per impallinare il candidato che gli è stato imposto e che non apprezzano, voteranno quello avverso. Ed è su questo aspetto che punta principalmente l’ex sindaco di Verona Flavio Tosi, i cui colonnelli nel momento in cui scriviamo sono riuniti nella sede della Provincia per calcolare quanto valgono percentualmente i propri voti. Lo ricordiamo: il voto verrà tarato a seconda della grande del rispetto comune. I tosiani sono convinti di avere il 15 per cento. Il Pd sostiene di avere il 17-18. Il fronte di Alberti confida che al gruppo si aggiunga anche qualche leghista che non ha digerito la candidatura di Scalzotto, indicato all’unanimità dal direttivo del Carroccio ma appartenente alla corrente di minoranza che fa capo all’assessore regionale alla Sanità Luca Coletto. Vedremo cosa faranno i Cinque Stelle. Insomma, la partita non è così scontata. La Lega, che a livello nazionale ormai non conosce rivali, rischia di dover sudarsi la presidenza dell’ente fino all’ultimo. Il leader Matteo Salvini e il ministro alla Famiglia Lorenzo Fontana prenderanno decisioni importanti sulla base dei risultati. Potrebbero saltare teste. Le gerarchie locali potrebbero uscirne stravolte. A vincere potrebbero essere i doppiogiochisti.