La notizia, passata sottotraccia su quasi tutta la stampa locale (solo qualche quotidiano nazionale ne ha dato conto in modo dettagliato), è che Flavio Tosi è stato condannato in primo grado a 3 mesi di reclusione (pena sospesa per 5 anni ma subordinata al pagamento di una provvisionale di 7.500 euro) per diffamazione nei confronti del giornalista di Report Sigfrido Ranucci (al tempo la trasmissione di Rai3 era condotta da Milena Gabanelli). Secondo il magistrato l’allora sindaco andava punito per aver rilasciato dichiarazioni lesive della dignità del cronista. Tosi, l’8, l’11 aprile e il 7 maggio 2014, lo avrebbe insultato e offeso su tivù e giornali. Tosi, assieme al suo “emissario” Sergio Borsato, è stato invece assolto dal reato più grave che gli veniva contestato, ossia aver denunciato Ranucci per diffamazione attribuendo al giornalista l’acquisizione di informazioni dirette a screditarlo. Borsato, lo ricordiamo, aveva registrato gli incontri con Ranucci per cercare di capire che materiale avesse reperito contro Tosi: si parlava di presunti rapporti poco trasparenti tra l’amministrazione comunale e la ‘ndrangheta e dell’esistenza di un filmino hard. Delle due cose non se n’è più saputo nulla. Ricordiamo anche che qualche quotidiano nazionale aveva dato spazio addirittura alla “notizia” che per le strade di Verona girasse una specie di sicario pronto a far fuori i nemici di Tosi: facciamoci una risata che è meglio. Ora l’ex sindaco è stato condannato per avere apostrofato qualche volta Ranucci in modo colorito, oltre il consentito dalla legge, e le sentenze vanno rispettate.
È probabile che Tosi faccia ricorso in Appello e che comunque vada il secondo grado la vicenda non si chiuderà prima di essere arrivata in Cassazione. La legge farà il proprio corso e se Tosi verrà condannato anche dagli ermellini è giusto che paghi, come tutti. Dura lex sed lex. E però non possiamo certo dimenticare la gogna mediatica alla quale è stato sottoposto l’allora primo cittadino di Verona senza che ci fosse una prova, anche solo una, dei misfatti che più o meno indirettamente gli venivano imputati e per i quali ovviamente non era nemmeno indagato. Report, peraltro, negli ultimi anni ha riservato altri servizi non proprio lusinghieri all’ex leghista. Possibile, dunque, che un politico non abbia la possibilità di rispondere a tono, magari lasciandosi scappare termini un po’ coloriti (non si dovrebbe fare, ma al governo c’è il partito del “Vaffa” in pubblica piazza), a insinuazioni e sospetti (perché tali erano e sono in assenza di prove)? Si può fare giornalismo piazzando microfoni e telecamere nascoste e non si può reagire (ovviamente a parole) quando si viene ricoperti di melma per di più senza essere stati indagati o condannati per alcun reato? Non mettiamo in dubbio la bontà dell’operato di Report, che anzi spesso e volentieri svolge meglio di molti altri il ruolo di servizio pubblico. Tantomeno ci permettiamo di contestare la sentenza di un magistrato che senza dubbio poggia su basi ferree. Ci chiediamo solo se un politico, di qualsivoglia schieramento naturalmente, ogni tanto non abbia il diritto di alzare la voce quando si sente ingiustamente accusato.