Sono 17 gli altri indagati nell’inchiesta della Procura di Verona su episodi di torture, maltrattamenti e peculato che ieri hanno portato all’arresto di cinque poliziotti in servizio alle Volanti della Questura. Nei loro confronti la Procura della Repubblica scaligera ha avanzato al gip Livia Magri l’applicazione di misure interdittive, come la sospensione dal servizio o il trasferimento d’ufficio. Nell’ordinanza di custodia cautelare il giudice sottolinea che nei loro confronti “occorrerà fissare il preventivo interrogatorio prima della decisione”. Verrà dunque emessa un’altra ordinanza relativa a questi eventuali provvedimenti. Il Questore Roberto Massucci, come noto, ha comunque già disposto nelle scorse settimane lo spostamento d’ufficio per 23 poliziotti in servizio al reparto Volanti. PIANTEDOSI. “Le vicende che emergono dall’inchiesta di Verona, ove fossero confermate, sarebbero di enorme gravità, lesive innanzitutto della dignità delle vittime ma anche dell’onore e della reputazione di migliaia di donne e uomini della Polizia di Stato che quotidianamente svolgono il proprio servizio ai cittadini con dedizione e sacrificio”. Lo dice il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi sottolineando che “la magistratura e la stessa Polizia di Stato faranno piena chiarezza su quanto avvenuto”. La Polizia “che conosco e a cui rinnovo la mia stima e gratitudine per le delicate attività che svolge quotidianamente – aggiunge il titolare del Viminale – è quella che senza esitazioni e pregiudizi riesce a fare pulizia al suo interno”. Lo dimostrano “la fiducia accordata dalla procura che ha delegato alla squadra mobile della questura di Verona lo svolgimento delle indagini e il riconoscimento nell’ordinanza del gip dell’efficienza e della sollecitudine con cui queste sono state svolte”. I NOMI. I cinque poliziotti arrestati ai domiciliari con accuse che vanno dalle torture alle lesioni e per due di loro anche l’aggravante dell’odio razziale, sono l’ispettore milanese Filippo Failla Rifici di 35 anni, l’assistente bellunese Roberto Da Rold di 44, l’agente napoletano Alessandro Migliore di 24, l’assistente capo veronese Loris Colpini di 51 e l’agente catanese Federico Tommaselli di 31. E per loro saranno fissati nelle prossime ore gli interrogatori di garanzia. “Saranno sicuramente necessari accertamenti lunghi e complessi”, ha detto all’ANSA il legale che assiste uno dei cinque.
Il legale: “Servono approfondimenti”. Ecco le testimonianze delle vittime
“Ai cinque poliziotti, per i quali il Gip ha firmato la misura cautelare degli arresti domiciliari, oltre al reato di tortura vengono contestati, a diverso titolo, anche quelli di lesioni, falso, omissioni di atti d’ufficio, peculato e abuso d’ufficio. “L’indagine è molto delicata – ha proseguito l’avvocato -, ma sicuramente saranno necessari sviluppi e approfondimenti che comporteranno tempi lunghi per fare piena chiarezza e stabilire la veridicità dei fatti. Intanto restiamo in attesa della convocazione per l’interrogatorio di garanzia”, ha concluso. Un lavoro durato otto mesi nel quale gli agenti della Squadra mobile di Verona hanno indagato in silenzio, con l’ausilio di registratori e videocamere, sull’operato di cinque colleghi, portando alla luce episodi di violenze e torture avvenute tra le pareti della Questura. Gli arrestati sono accusati in almeno sette occasioni di aver abusato di persone sottoposte alla loro custodia. Nell’ordinanza del gip Livia Magri che dispone le misure cautelari si sottolinea come gli indagati con le loro condotte “abbiano tradito la propria funzione, comprimendo i diritti e le libertà di soggetti sottoposti alla loro autorità, offendendone la stessa dignità di persone, creando essi stessi disordine e compromettendo la pubblica sicurezza”. Poliziotti che avrebbero “commesso reati piuttosto che prevenirli” e approfittato “della qualifica ricoperta, anche compiendo falsi ideologici in atti pubblici con preoccupante disinvoltura”. LA VITTIMA. Non si ricorda di essere stato picchiato e messo ko, all’esterno del famigerato ‘acquario’ della Questura di Verona, una delle vittime dei poliziotti arrestati ieri nell’ambito dell’indagine per tortura. Si tratta di un italiano, Mattia Tacchi, sentito dal magistrato nel dicembre scorso per confermare il quadro che stava uscendo dagli accertamenti e dalle intercettazioni sugli agenti delle Volanti. E’ nei suoi confronti che uno degli arrestati si vanta al telefono con la fidanzata: “Adesso ti faccio vedere io quante capocciate alla porta dai, boom boom boom boom”. “E io ridevo come un pazzo”, raccontava alla ragazza. Parlava delle “stecche” sul volto, dei calci e dei pugni. “Ho caricato una stecca amo’, bam, lui chiude gli occhi, di sasso per terra è andato a finire, è rimasto a terra”, racconta al telefono. La vicenda risale al 22 agosto scorso, quando Tacchi viene visto da una Volante, probabilmente dopo aver assunto alcol e sostanze, e condotto in Questura per accertamenti. Portato nell'”acquario” si trova assieme ad altre tre persone, cittadini nordafricani anch’essi fermati dagli agenti. Saranno questi tre a confermare la dinamica dell’episodio. Tacchi avrebbe dapprima tirato alcune testate alle pareti in plexiglas della stanza; uno degli agenti lo avrebbe quindi invitato a uscire, sapendo che all’esterno dell'”acquario” non vi sono videocamere di sorveglianza, e lo avrebbe colpito facendogli sbattere la testa sulla porta. Gli inquirenti hanno sentito Tacchi il primo dicembre scorso nella Casa circondariale di Montorio, ma egli dichiarò di non ricordare assolutamente nulla, perché sotto l’effetto di farmaci e alcol. I fatti hanno poi trovato conferma nel racconto dei tre che erano con lui, e che hanno riconosciuto gli agenti in fotografia.
Usato come straccio per pulire l’urina
I cinque agenti, dicono le indagini, avrebbero preso a schiaffi, insultato e accecato con lo spray al peperoncino le vittime. In uno degli episodi citati dal gip, due poliziotti non solo avrebbero picchiato una persona sottoposta a fermo di identificazione, ma anche costretta a urinare nella stanza fermati, per poi spingerla in un angolo facendola cadere a terra e usandola “come uno straccio per pulire il pavimento”. In un altro caso si parla di un agente che avrebbe sferrato uno schiaffo al volto di uno dei fermati così “vigoroso da fargli perdere i sensi per alcuni minuti”. Oltre alla tortura, ai cinque sono stati contestati, a diverso titolo, anche i reati di lesioni, falso, omissioni di atti d’ufficio, peculato e abuso d’ufficio. Gli agenti coinvolti erano già stati trasferiti ad altri incarichi all’indomani della chiusura delle attività di indagine, quindi da alcuni mesi, partita casualmente dall’intercettazione di un poliziotto nell’ambito di un altro procedimento. Ma nell’inchiesta sono indagati anche altri agenti, che avrebbero assistito alle violenze e non avrebbero fatto nulla. Ed infatti il questore di Verona Roberto Massucci ha disposto la rimozione dagli incarichi anche di altri 23 poliziotti che, pur non avendo preso parte direttamente alle violenze, potrebbero non aver impedito o comunque non aver denunciato gli abusi. Chi doveva indagare lo ha fatto, in ogni caso, senza fare sconti a nessuno. quello che viene ritenuto il più spregiudicato secondo le carte del Gip, sarebbe il giovane Alessandro Migliore, che si vantava con la sua ragazza di quanto accadeva in questura, come riportato nelle intercettazioni: “Appena amò mi guarda, mi ero messo il guanto, ho caricato una stecca amò: bam! Lui chiude gli occhi, di sasso, per terra è andato a finire, è rimasto là. È svenuto. Si è irrigidito tutto ed è caduto, sai, hai presente i ko”. Tatuaggio maori sul pettorale destro, gli orecchini d’oro, i muscoli in bella vista sui profili social. Al Corriere del Veneto Nicolae 56 anni, romeno che vive per le strade di Verona dal 2020 ha raccontato la sua odissea da vittima dei poliziotti arrestati il 6 giugno per le torture che infliggevano a senzatetto, alcolisti e immigrati. L’incontro tra Daju e gli agenti risale al 14 ottobre del 2022. «Ero al bar con un mio amico – racconta – e all’improvviso ci vediamo venire incontro due agenti: uno grande e grosso, l’altro piccolino. Mi chiedono i documenti e subito mi ordinano di salire in auto con loro. Abbiamo percorso cinquanta metri, hanno fermato la macchina e mi hanno picchiato. Così, senza motivo…». La sua testimonianza è finita dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal Gip: “Dovevo andare in bagno e alla fine mi hanno detto di farla lì, in un angolo. È quello che ho fatto, ma dopo una delle guardie mi ha buttato a terra e mi premeva la faccia sul pavimento bagnato, per farmelo pulire…». Ricoperto di lividi e di urina, Nicolae Daju è rimasto a terra, umiliato. “Mi picchiavano, mi spruzzavano dello spray urticante, mi insultavano. E ancora non so perché lo facessero”.
Maschio: “Una norma da riscrivere”
E sui gravissimi fatti accaduti nella questura di Verona che hanno portato all’arresto di cinque poliziotti delle Volanti per torture, lesioni, abusi sulle vittime sottoposte a fermo prosegue lo scontro sul reato di tortura che già si era acceso ieri con le dichiarazioni di Flavio Tosi e Ilaria Cucchi. Oggi è stato il deputato di Fratelli d’Italia, Ciro Maschio, presidente commissione giustizia a rilasciare un’intervista a Radio Radicale nella quale si dice “dispiaciuto e sorpreso” per quanto accaduto alla questura di Verona, perché “non si può mai permettere di infierire su soggetti deboli in stato di fermo”. Maschio ha sottolineato anche che “la polizia che ha condotto le indagini ed è intervenuta ha dimostrato di avere anticorpi importanti e di essere presidio di legalità”. Tuttavia “non bisogna per alcune mele marce mettere in difficoltà la polizia di stato e le forze dell’ordine che lavorano in situazioni di difficoltà tutti i giorni”. E qui Maschio arriva al punto: ci sono norme da riscrivere. “Le norme attuali su reato di tortura sono abbastanza vaghe e indeterminate e andrebbero precisate con maggiore tassatività, c’è motivo di ragionare su una riforma che consentirebbe di continuare a punire con severità i reati di tortura ma non di dare discrezionalità e far rientrare nella tortura fattispecie che non rientrano in questa casistica” Certo, conclude Maschio, “il fatto è grave e inaccettabile, siamo i primi a chiedere severità, ma c’è tensione sociale molto elevata, le forze dell’ordine sono esposte a rischi elevati, non mettiamo in difficoltà chi rischia la vita per proteggere i cittadini ogni giorno”. Immediata la risposta della sinistra con Jessica Cugini, consigliere comunale di In Comune per Verona Sinistra Civica Ecologista: “Sono tanti i passaggi che lasciano senza parole tra quelli che abbiamo letto sui giornali riguardo agli arresti degli agenti e dell’ispettore della Questura di Verona. Soprattutto il passaggio in cui si racconta, come scrive il Gip, che «i soprusi, le vessazioni e le prevaricazioni poste in essere dagli indagati risultano aver coinvolto, in misura pressoché esclusiva, soggetti di nazionalità straniera, senza fissa dimora». Sconcerta che i commenti a tale violenza e illegalità siano (si veda le dichiarazioni dell’ex sindaco Tosi) occorre dare” maggiore garanzia a chiunque lavori per la sicurezza”, “esprimo solidarietà alla Questura di Verona” (l’onorevole Ciro Maschio). In un ribaltamento totale su chi sia l‘aggredito e l’aggressore, chi la vittima, chi il colpevole, chi dovrebbe garantire la legalità. La condanna va verso chi, lo scrive la giudice, ha «tradito la propria funzione, comprimendo i diritti e le libertà di soggetti sottoposti alla loro autorità offendendone la stessa dignità di persone”. Per Cugini è tempo di dare i codici identificativi per le forze di polizia impegnate in operazioni di ordine pubblico “e chiediamo parafrasando l’ex sindaco, maggiore sicurezza per chi lavora per e nella legalità”. Costernazione e indignazione con la richiesta di un pronto accertamento delle responsabilità sono state manifestate da Rifondazione comunista nazionale e locale e dal Pd regionale e veronese. Con un apprezzamento alla questura veronese per essere riuscita a fare pulizia al proprio interno.