«La tv ti fa nascere, la tv ti uccide»: è la dura legge dello show-biz televisivo, ma potrebbe benissimo anche essere l’epitaffio sulla lapide della carriera di Wanna Marchi e Stefania Nobile. Con queste esatte parole, infatti, il manager non-fiction Netflix Italia Giovanni Bossetti ha riassunto il concept alla base della docu-serie “Wanna” durante un incontro con gli studenti dell’Università di Bologna tenutosi lo scorso 5 ottobre.
Chi, come gli studenti presenti alla conferenza, è nato nel primi anni duemila, farà di certo fatica a ricordare i volti e delle due famigerate televenditrici. Per chi, invece, davanti alla televisione ci bazzica da più anni, magari sin dai primi anni Ottanta, le urla stridule e dei che accompagnavano le spietate truffe di Wanna Marchi e compagnia rimangono indelebili nella memoria.
Come puntualizzato durante l’incontro con gli studenti del DAMS dall’ideatore del format Netflix “Wanna” Alessandro Garramone, quando si parla di Wanna Marchi bisogna operare una distinzione: «c’è una Marchi, persona giuridica, che ha truffato centinaia di migliaia di persone e ha – giustamente – pagato per i suoi crimini, ma Wanna Marchi è anche una donna che ha cambiato per sempre il mondo della televisione»: è proprio su questo che si focalizzano le quattro puntate che compongono la docu-serie “Wanna”.
Dalle prime televendite dello “scioglipancia” a base di tarassaco e alghe all’inchiesta di Striscia la Notizia che, nel 2001, ha posto fine all’industria del raggiro consegnando madre e figlia alla giustizia, la docu-serie superlativamente diretta da Nicola Prosatore alterna le testimonianze dirette – gratuite, va precisato – di Marchi e Nobile a quelle di numerosi raggirati, ma anche quelle di ex-collaboratori (una su tutti: quella del sedicente mago brasiliano “Do Nascimiento”, che per anni ha affiancato Marchi vendendo amuleti e altri prodotti a suo dire intrisi di magia a prezzi folli).
Una serie magnetica, incalzante, irriverente, a tratti spaventosa proprio come la donna che dà il nome alla serie: “Wanna” ripercorre, senza mai incappare nell’errore di giustificare o romanzare i fatti, la storia dell’imbonitrice emiliana e, soprattutto, il contributo sostanziale che, nel bene e nel male, la carismatica Wanna e il suo entourage hanno apportato al mondo della televisione.
Un mosaico di storie che fanno accapponare la pelle, se si osserva che le strategie di marketing improvvisate dalla Marchi per oltre trent’anni hanno fatto perdere a migliaia di persone i risparmi di una vita. Una verità che suona ancora più assurda, se si pensa che l’ormai ottantenne Marchi e la di lei figlia, nonostante gli anni di galera, non ci pensano nemmeno a fare mea culpa: «in fin dei conti», sostengono le Marchi con un linguaggio troppo colorito per essere riportato nero su bianco «che cosa ne possiamo noi se la gente è sempre pronta a farsi fregare?».
“Wanna” è disponibile su Netflix dal 21 settembre. Guardatelo, è un brillante schiaffo di realtà.
VOTO: 9
Martina Bazzanella