“Non si tratta più di fermarsi in superficie o di andare in profondità ma semplicemente di camminare, scegliendo la direzione. La via d’uscita è negli occhi” diceva Liliana Moro, una delle artiste scelte negli scorsi anni come emblema della “Giornata del Contemporaneo” giunta, nel 2023, alla sua diciannovesima edizione.
L’iniziativa, a ingresso libero, torna in tutta Italia sabato 7 ottobre per raccontare le tante sfaccettature dell’arte contemporanea, grazie a musei, istituzioni pubbliche e realtà private. Il progetto è promosso da AMACI (Associazione dei Musei d’arte Contemporanea Italiani) con il sostegno del Ministero della Cultura, la collaborazione del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e il collegamento alla rete dei “luoghi del Contemporaneo” nata per promuovere, esporre e valorizzare quanto i diversi linguaggi visivi realizzano.
A Verona è luogo del contemporaneo la Galleria d’arte Moderna Achille Forti (GAM) ospitata nel Palazzo della Ragione di cortile Mercato Vecchio insieme ad altri spazi cittadini organizzati per l’occasione. Inoltre, si apriranno le porte di Ambasciate, Consolati e Istituti Italiani di Cultura attivi in altri Paesi con l’obiettivo comune di far emergere la capillarità nazionale del contemporaneo e testimoniare le tante urgenze globali che stiamo vivendo. La riflessione ruota intorno ai temi della sostenibilità (ambientale, sociale ed economica) con la necessità di ripensare completamente “il sistema dell’arte tramite una rinnovata consapevolezza e una più diffusa sensibilità”. Il formato dell’esperienza rimane ibrido, con alcune attività in presenza e altre on-line. Visivamente la proposta si congiunge annualmente a un’immagine guida scelta da Direttrici e Direttori dei musei AMACI e dopo le opere di nomi illustri quali, solo per fare alcuni esempi, Michelangelo Pistoletto nel 2006 (protagonista della corrente dell’arte povera), Paola Pivi nel 2008 (attiva nel settore delle arti multimediali), Emilio Isgrò nel 2016 (noto per il linguaggio della “cancellatura”) la figura cui riferirsi nel 2023 è “Pa(y)sage Corporel” dell’italo-senegalese Binta Diaw. La creazione fa parte di una serie di foto centrate sul corpo femminile e trae ispirazione dal proverbio senegalese “nit nitay garabam” (l’essere umano è cura dell’essere umano) dove la parola “garab” ha il doppio significato di pianta e di medicina. Connettendo le nostre esistenze alle tante questioni aperte in Europa e in Africa, l’artista sottolinea il legame di reciprocità e ciclicità tra umanità e ambiente. La lunga ricerca di Binta Diaw fa emergere scenari sociali di grande attualità (il senso di appartenenza, le migrazioni, il rapporto con la Terra, l’identità fluida delle nuove generazioni) focalizzandosi sulle narrazioni visive legate alle tematiche di genere.
L’immagine fotografica, rielaborata dopo la stampa, propone la pelle di una donna ricoperta di simboliche geometrie naturali evidenziate con gessetti colorati che definiscono un’intensa geografia di percorsi, strade e paesaggi. Ne esce un viaggio visivo nel quale le forme corporali mutano in ragione di una profonda interrogazione intima. Anche l’esperienza “di distanziamento”, provata nel corso della pandemia, ha avuto il suo peso rendendo possibile scoprire, racconta l’artista, “una natura dentro di me fonte di nutrimento e guarigione” metafora del prenderci cura di noi nel rispetto di tutte le forme di vita esistenti. L’estetica di “Pa(y)sage Corporel” pone al centro la figura umana nell’interazione sociale e ci interroga sulla necessità di “recuperare il passato, per ricordarlo e infine scardinarlo allo scopo di comprendere e vedere il presente con occhi nuovi”.