Quando il calcio potrebbe insegnare alla politica. E non solo. Se solo la politica avesse voglia di imparare, dal calcio. Dallo sport. Da valori. Da sentimenti. Ascolti Damiano Tommasi e ti chiedi come mai, ad esempio, il mondo del calcio l’abbia respinto quando ha provato la “scalata al potere”. Il Palazzo gli ha detto di no, gli ha lasciato il sindacato, gli ha alzato delle barriere. “Il pallone è un filo che unisce – ha detto ieri Tommasi – perché non si cura delle barriere e perché va sempre passato”.
Le barriere, l’egoismo. Il pallone abbatte questi muri, lo sport riesce laddove, spesso, non arriva la politica. Ci riesce uno sportivo, che ieri ha firmato un protocollo “per aiutare a insegnare lo sport ai paesi poveri, creando insegnanti sul posto, in grado poi di far crescere nuovi sportivi, ragazzi ai quali, se possibile, indicare una strada, aprire una finestra sul futuro”. Tommasi sarà, assieme a Perrotta, una settimana in Giordania, per aiutare l’avvio di una “scuola di calcio”. Di calcio e di vita.
“L’obiettivo sarà valorizzare il calcio come mezzo d’inclusione sociale nel contesto giordano” ha detto ancora Tommasi. Troppi valori, troppi sentimenti, per un mondo dove vince (spesso), chi alza la voce. Chi mostra i muscoli. Chi gioca a far perdere. Chi tifa contro. #Noi stiamo con Tommasi.
Raffaele Tomelleri