Tommasi, niente tamburello: “Ho deciso, non mi candido” “L’avrei fatto solo per unire, non per andare contro qualcuno”

“No, non farò il presidente della Federazione Tamburello”. Damiano Tommasi fa un passo indietro, anche se, tiene a dire, “…per fare un passo indietro, dovresti farne uno in avanti. E io quello, non l’avevo mai fatto…”.
Però, eri in lizza per la carica di presidente…
“Diciamo che me l’avevano chiesto. Un gruppo di società veronesi, sapendo quanto abbia dentro il tamburello, il mio primo sport (sorride), mi avevano coinvolto. Però…”
Però?
“Però, fin dall’inizio ero stato chiaro. Non avrei mai accettato di candidarmi contro qualcuno, ma solo a favore del tamburello. Per farlo crescere, se possibile, per migliorarlo. Non certo per far la guerra a qualcuno”.
Così non è stato, evidentemente…
“No, così non è stato e allora non aveva senso continuare. Quando ho capito che il presidente in carica, Facchetti, voleva rimanere, ho tolto il “disturbo”. Non ero lì per dividere, ma semmai per unire, se la mia figura poteva in qualche modo servire al tamburello. Ma non ho l’ambizione di avere una carica a tutti i costi…”.
E così…
“E così, quando Facchetti mi ha detto “io mi presento, ma tu, se vuoi, puoi candidarti”, io avevo già capito. Non era quello il mio scopo, ho lasciato andare. Anche se mi dispiace per chi mi aveva appoggiato e incoraggiato”.
I “nemici” hanno detto, “ci ha provato anche con la pallavolo, poi anche col tamburello…”
“Sì, l’ho sentita anch’io, ma sono cose che lasciano il tempo che trovano. Tutti sanno che prima di giocare a calcio, ho giocato a tamburello, uno sport che è dentro la mia famiglia e che sarà sempre dentro di me. Mi sarebbe piaciuto, ma ripeto, solo se questo fosse stato motivo di crescita del movimento. E del resto, non era la prima volta che qualche società pensava a me”.
Quand’era successo, in precedenza?
“Qualche anno fa, già ero stato contattato a livello provinciale, ma essendo in carica come presidente dell’Aic, non era un incarico compatibile. Ora sono libero, da qui è nata la proposta”.
Tommasi tamburellista, com’era?
“Ho giocato tre anni a Negrar. Il sabato a tamburello, la domenica, nel campo a fianco, a calcio”.
Ruolo?
“Beh, all’inizio ho fatto “el mesatin”, come tutti. Poi, rimettitore, a fondo campo. Ma non ho solo giocato. Ho fatto anche il guardalinee a mio papà, che ha vinto un titolo italiano di serie C. E’ lui il primo scudettato della famiglia. Lui ha chiuso giocando a Romagnano, io la domenica mattina giocavo a calcio nel San Zeno e nel pomeriggio ero al mio posto di guardalinee”.
Tamburello, questione di famiglia…
“Ci gioco ancora, quando posso. E mio fratello Zaccaria ha fatto pure una tesi a Scienze motorie, sul tamburello. Uno sport speciale. L’unico sport di squadra che sia anche…individuale”.
Perchè?
“Perchè negli altri sport di squadra, sempre, ci si passa la palla. Nel tamburello no. Quando tu colpisci, sei solo contro tutti gli altri”.
Che cosa gli è mancato per decollare definitivamente?
“Mah, bisognerebbe essercidentro. Dico solo, per stare al presente, che il tamburello è considerato sport di contatto. Quindi non è praticabile, neppure a scuola. Chi l’ha definito così, probabilmente non l’ha mai visto. Ma forse, qualcuno doveva pur farglielo notare, no?”.