Terapie intensive, scatta l’allarme. Un paziente trasferito a Dolo Un malato veronese trasferito all’ospedale di Dolo per la mancanza di posti “liberi” E i sindacati alzano il tono della protesta: “C’è qualcosa da rivedere, al più presto”

Pronto soccorso dell?ospedale Molinette, Torino, 06 marzo 2020. ANSA/ALESSANDRO DI MARCO

Per i sindacalisti della UIL Stefano Gottardi e Marco Bognin “è un dato certo: un’ASL unica non ha portato a quei benefici che i cittadini della provincia di Verona si aspettavano”.
Per i rappresentanti dei lavoratori “le invariate dinamiche di divisione interne sono affiorate nella gestione ordinaria dell’emergenza pandemica, dove le pecche sono risultate agli occhi di tutti, mentre la tacita sofferenza del personale sta maturando vittime non solo dal virus ma anche dalla sofferenza psicologica”.
Da ricordare a questo proposito che la UILFPL ha messo a disposizione degli psicologi.

Secondo i sindacalisti “si è spinto troppo sulla programmazione mediatica e poco su quella fattuale, che sarebbe servita per un’azienda di queste dimensioni, forse troppo grande per essere governata da un’organizzazione verticistica e non adeguatamente
strutturata, con una catena di comando che ha molte lacune”.
Mentre viene confermato il dato nazionale della diminuzione dei pazienti in terapia intensiva, questa notte un cittadino veronese è stato trasportato all’ospedale di Dolo perché non c’erano posti liberi nelle terapie intensive della provincia di Verona. Come mai, si chiedono?.
La chiusura della maternità del Magalini ha caricato gli altri ospedali, mettendo in difficoltà le mamme a rischio con la necessità di avere a disposizione una patologia neonatale, le quali hanno dovuto scegliere strutture fuori provincia.
Questi sono esempi, si legge in una nota, che danno l’idea della grave situazione disorganizzativa.
I sindacati ricordano che i numeri del personale infettato stanno crescendo inesorabilmente.
“Dobbiamo essere al loro fianco perché hanno già il morale a terra, combattono si con tutte le loro forze, è il loro mestiere, l’hanno scelto e danno ogni loro energia per salvaguardare la salute dei pazienti, come tutti noi già dovremmo sapere, ma ad oggi hanno già pagato un caro prezzo nella prima ondata emergenziale primaverile e ora sono sfiduciati”.