Tante possibili forme pittoriche La galleria “Studio la Città” propone un inedito percorso che ci chiede “Cos'è Pittura?”

La nota galleria d’arte “Studio la Città” è un luogo che, per tradizione e caratteristiche dello spazio espositivo, rappresenta un emblema dell’arte a Verona. Da oltre cinquant’anni è custodito e guidata da Hélène de Franchis, infaticabile promotrice di progetti artistici. La galleria, inserita in un grande capannone industriale riconvertito di Lungadige Galtarossa, invita il pubblico all’immersione in scenografici percorsi visivi e materici, personali e collettivi. L’attitudine internazionale e cosmopolita di “Studio la Città”, riferisce il critico d’arte Marco Meneguzzo, unita al “rigore delle sue scelte analitiche”, hanno creato la fama di questo sito d’arte pronto a ospitare classici della contemporaneità senza rinunciare a “forme espressive complesse che impiegano media differenti”. Per avvicinare il più possibile le persone all’intensa esperienza multisensoriale realizzata nelle grandi sale della galleria, si organizzano (per ogni nuova mostra e per tutto il periodo dell’allestimento) anche frequenti visite guidate. L’interessante storytelling creato da “Studio la Città” è una pratica coinvolgente che richiede grande preparazione, offre approfondimenti, connette le persone e suscita riflessioni. Si tratta di una “narrazione condivisa di significati”, spiega la referente alle relazioni esterne della galleria, Rossella Pasqua di Bisceglie, raccontando le tre mostre attualmente in corso: “Il coraggio della pittura” di Paolo Patelli, “Picta Fluens. Tela Mediale, origine e flusso” di Davide Maria Coltro (entrambe aperte fino all’8 novembre) e “Casa” di Anna Galtarossa (visitabile, invece, fino al 26 ottobre). Le tre esposizioni offrono diverse risposte alla domanda “Cos’è Pittura?” e svelano i singolari universi percettivi dei tre protagonisti. Apre l’itinerario Paolo Patelli con “Il coraggio della pittura” nel quale vengono allestite strutture modulari (create partendo dalla misura 100 x 70) risalenti a fine anni Ottanta e inizio anni Novanta, il periodo più produttivo dell’artista. I suoi dipinti (realizzati con tecnica mista su carta e incorniciati in una sottile struttura nera o bianca, con vetro o plexiglass), moltiplicando la misura di base, determinano opere di grandi dimensioni che coinvolgono sul piano “fisico, materico, colorato, agito”. La ricerca del pittore prova a “distruggere lo spazio della pittura” per crearne uno del tutto personale. Intensa e poliedrica appare anche la proposta di Anna Galtarossa che, attraverso uno studio attento dei materiali, trasforma i suoi suggestivi “arazzi” in dipinti colorati da fili di tessuto. Nel recente riallestimento della mostra, l’artista mette in risalto un ulteriore punto di vista sulla sua sperimentazione grazie a installazioni che utilizzano “oggetti quotidiani snaturati, avanzi luccicanti di feste, materiali per il fai da te ed elementi naturali”. Si determinano, in tal modo, manufatti “carichi di una sorta di straniamento, persi, che non sanno bene cosa fare” se non cercare di diventare, suggerisce Galtarossa, “medium narrativi di mondi paralleli e ricordi atavici, sospesi in un’atemporalità onirica”. L’ultimo protagonista di questo viaggio, è Davide Maria Coltro che, con le sue esplorazione tecnologica, invita il pubblico alla scoperta di superfici digitali ricche di astrazioni “liquide”, vibranti di luci e variazioni cromatiche che emergono gradualmente. Con il riallestimento di settembre (focalizzato sulla serie intitolata “Bruges”), l’artista prosegue la strada dell’arte mediale e, in un gioco sottile tra presenza e assenza, indaga l’intreccio tra visibile e invisibile guardando “al rapporto tra percezione, tempo e pittura”. Nel suo insieme, questa nuova e inedita esperienza offerta da “Studio la Città” espande ulteriormente i confini della visione regalando la possibilità di partecipare attivamente al processo di comprensione di tante e possibili forme pittoriche. Chiara Antonioli