Pane al pane e vino al vino, Stefano Tacconi non ha mai fatto sconti. “Prendere o lasciare, io sono fatto così”, dice. Guascone come un tempo, quando combatteva a suo modo il “fattore Zeta”. “Ho sempre detto quello che pensavo, anche se a volte nel mondo del calcio non è un pregio”, osserva. Come quella volta che, era ancora all’Avellino, lo prese la Juve per sostituire un certo Zoff. “Beh, dissi che a 42 anni, era giunto il momento di lasciare spazio ai giovani”.
Ma c’è un’altra Z nella sua vita. “Io e Zenga, bel duello” sorride. “Lui era titolare nella Nazionale, ma io vincevo tutto con la Juve. E lui rosicava, questo è sicuro. Per il resto, a me andava bene così, anche se sapevo che potevo essere io il titolare. E forse non avrei preso quel gol contro l’Argentina, ai Mondiali del ‘90”. Il gol di Caniggia, l’Italia eliminata. “Pazienza, io non cambierei niente di quello che ho fatto e di quello che ho vinto…”