Racconta Luca Campedelli “che in allenamento si risparmiava. Si buttava addosso acqua per far vedere che sudava. Ma in partita non ce n’era per nessuno”.
Lui era SuperMario Yepes, uno dei grandi colpi a costo zero di Giovanni Sartori. Yepes aveva giocato 4 stagioni al Paris Saint Germain, non proprio una squadretta. Era in scadenza, Sartori lo prese. Yepes ci mise un po’ a trovare la condizione giusta, poi, divenne il totem della difesa. Un baluardo spesso insormontabile. Aveva fisico e mestiere, tecnica e capacità di lettura da super. Del resto, in patria era un’autentica gloria. Titolare fisso della Nazionale, in cui ha totalizzato 102 presenze, non proprio numeri normali.
Due stagioni al Chievo, due salvezze centrate e quell’aria da leader conquistata sul campo. Se in allenamento, come disse un giorno Campedelli, qualche volta si gestiva, in campo era un’altra musica. E tutti dovevano fare i conti con lui. Al punto che se ne accorse anche il Milan, che cercava classe ed esperienza. In rossonero, 3 stagioni, poi ancora il passaggio all’Atalanta per l’ultima stagione italiana. Quindi il passaggio al San Lorenzo, formazione argentina, ultima sua stagione da leader in campo. Oggi, Yepes lavora nella Federazione colombiana, di cui è ambasciatore nel mondo. E fa parte della bella storia del “piccolo” grande Ceo.